Recensione a F. Bacà, Benevolenza cosmica, Adelphi, Milano 2019, Euro 17,10.
Come può mai verificarsi il paradosso che una serie di coincidenze fortunate possa per un uomo trasformarsi in fonte di un’unheimliche sensazione di catastrofe imminente?
Ciò diventa probabile se la persona in questione è un esperto di statistica e se tale serie diviene così lunga da indurre a credere che si sia verificato il cosiddetto “sbaglio del mondo”, un bug nel sistema del destino – o, se si preferisce, dell’id quod accidit –, dal quale non possono scaturire se non conseguenze disastrose.
La situazione descritta è ciò che accade al protagonista del bel libro Benevolenza cosmica, opera d’esordio di Fabio Bacà, pubblicata da Adelphi. Un romanzo che diverte per effetto dell’allure ironica che lo connota dal principio sino allo spiazzante finale.
La prima sezione parrebbe semplicemente la descrizione di una curiosa ossessione, poco credibile a chiunque sia dotato di senno. Eppure il lettore comincia realmente a persuadersi che questi colpi di fortuna – che il più delle volte si presentano come il rovesciamento di situazioni pericolose e potenzialmente tragiche – celino effettivamente un lato oscuro e inesplicabile.
Kurt, il protagonista, si affanna a cercare spiegazioni al suo disagio e risposte alla sua ansia facendo ricorso alla scienza e successivamente anche alla filosofia. Così la sua quête, già improbabile di per sé, si connota di toni surreali nell’incontro con uno psichiatra alquanto sui generis, che peraltro dichiara la propria totale mancanza di tempo, lasciandolo a ‘godersi’ un curioso bagno in piscina. E qui quella che avrebbe dovuto essere un’innocua nuotata rigenerante si trasforma in un potenziale incubo: “Un flusso poderoso di acqua fredda spingeva gli ospiti verso il ciglio sospeso sui trentadue piani del grattacielo”. Quest’esperienza, che di fatto concretizza l’irrompere dell’improbabile nella statistica o il perturbante onirico che si fa strada nell’apparente normalità (e che pure viene descritta dall’autore con ironia, come un divertissement), precede l’altrettanto improbabile incontro con un’aiutante che si picca di conoscere la psiche, ma in realtà dirige semplicemente un’agenzia di moda.
Sarà proprio questo personaggio, dall’omen nomen di Lucia, a regalare una prima – se così si può chiamare – forma di chiarezza al protagonista. Chiarezza che assume le vesti di apparenti deliri karmici, i quali tuttavia si riveleranno serissimi. Così la detection si trasforma nella ricerca della persona che, in qualche modo a Kurt legata, sta vivendo un periodo di assoluta sventura. L’incontro e il contatto tra i due eviterebbe conseguenze fatali per entrambi. Inutile dire che il protagonista attuerà la ricerca, in un primo momento con un’immersione telefonica nel suo passato. Sugli esiti, assolutamente inattesi, della bizzarra inchiesta non anticipiamo nulla, perché sarà compito del lettore scoprirli.
Benevolenza cosmica presenta una costruzione accattivante. Sin dal principio ti cattura come una fiaba moderna, fatta di sparatorie squinternate, ingorghi stradali, mogli-scrittrici d’assalto, involontari suicidi. Un mondo un po’ patinato e un po’ folle in cui subiti ti senti a tuo agio. Concepisci l’idea che si tratti di un grande artificio e quindi più che il coinvolgimento emotivo entra il gioco la capacità critica, grazie al continuo effetto di straniamento.
Così mi sono soffermato a pensare che in fin dei conti il mondo stesso si regga sul meccanismo che tanto inquieta Kurt. E che, ad ogni modo, la sfortuna assoluta dei molti non preoccupi affatto quei pochi che godono delle ricchezze e dei privilegi. In questo, il protagonista, con quell’aria un po’ svagata, con l’andatura dinoccolata di colui che diviene eroe per puro caso e non vi si sente a suo agio, risulta in fin dei conti, pur nel suo fondo di cinismo, una persona migliore di tante altre. E, a dirla tutta, la vita è anche questo: non sempre i due vasi di Zeus di cui parlava Achille nel colloquio con Priamo (e già Omero lo raccontava) distribuiscono beni e mali in equa misura a tutti i mortali. Mi spingerei addirittura a dire che questo bug nel sistema, individuato da Kurt con l’intuitiva follia tipica dei geni, possa rivelarsi persino rassicurante: induce a pensare che questa sequela di cose che semplicemente accadono rispondano a un’armonia universale, che, pur potendo incepparsi, comunque esiste e opera.
Un romanzo convincente, una sciarada divertente eppure seria, che emerge anche grazie alla forza di uno stile capace di variare tra i registri e di muovere dal mimetico all’alto, con levità.