
LENA
Storia molfettese in tre atti di Gianni Antonio Palumbo.
Personaggi
Benito, molfettese, lavora in Argentina
Lena, sua moglie, vive a Molfetta.
Checchina, figlia maggiore
Lora, figlia minore
Addolorata maggiore, madre di Benito
Pinuccio, babbo di Ninetta, vive con loro
Rudy, dirimpettaio, attore
Mina, sorella minore di Lena
Lia, amica di Checchina
Nunziatina, sorella minore di Benito
Wilson, marito americano di Nunziatina.
Tonuccio, violento fidanzato di Checchina
Federico, nipotino di Mina
Italia,
Giuseppina, vicine
Finella,
La ’Mbriaca, prostituta
Franchino il fascista
Vincenzino, figlio di Finella
Edita su “La Vallisa”, n. 90.
I ATTO
(Interno. Casa di Benito. Tavola apparecchiata con i resti del pranzo appena consumato. È l’una e mezzo circa. È il giorno dell’Addolorata. Lena armeggia nervosamente sulla tavola; sulla soglia dei quaranta, veste di nero. A tavola, rimane seduto suo padre, a fumare la pipa. Uomo di circa settant’anni; ha l’aria svanita.)
PINUCCIO (seccato): Lena, ma perché hai tanta fretta? Mò abbiamo mangiato e già ti sei messa a fare i servizi…
LENA: Faccio i servizi perché è già l’una passata e tra meno di quattro ore esce l’Addolorata. E io devo essere pronta perché tornerà Benito e andrò con lui alla processione. Per non parlare del fatto che poi la bambina andrà dietro la Madonna vestita da angelo.
PINUCCIO (colpito): Benito torna?
LENA: Si capisce che torna. Lui è devotissimo all’Addolorata. L’ha guarito dalla meningite quand’era bambino…
PINUCCIO: Ah… (ci pensa su) Ma chi è Benito?
LENA (piccata): Come chi è Benito? Mio marito no?
PINUCCIO: Ah, tuo marito, è vero…
LENA: Papà, ma tu davvero non ti ricordi come si chiama mio marito?
PINUCCIO: E che vuoi? Capita a tutti una dimenticanza… E poi son fatto vecchio… (pausa) Ma dov’è che sta tuo marito? Non mi ricordo mai…
LENA: Benito lavora in Argentina, a Buenos Aires…
PINUCCIO: Buenos Aires? Mi ricordo che quando navigavo…
LENA: Ah no, eh, papà. Per piacere i racconti delle tue navigazioni fammeli un’altra volta. Ho da fare, oggi… Benito torna e questa casa è uno schifo. Chissà come s’arrabbierà. E di sicuro sua madre non sarà dolce di sale nei miei riguardi. Per il fatto che abita qui accanto sta sempre a spiare me e le mie figlie. Le piacerebbe se avessi un altro. Eh già, potrebbe dire che aveva ragione a non volere che Benito sposasse me. Si capisce! Il figlio di Franchino il fascista che si mette con la ragazzina di Pinuccio il socialista. Una bella coppia, davvero…
PINUCCIO: Chi è Pinuccio il socialista?
LENA: Ma papà; sei tu, no? O non ricordi neppure come ti chiami tu? Ah, l’arteriosclerosi. (s’avvicina a un cassetto e prende un album delle foto. Glielo mostra.) La vedi questa?
PINUCCIO (sognante): Tua madre Pasqualina… Chi se la scorda…
LENA (c.s.): E questi?
PINUCCIO: Nofaruccio e Ciulino. Andavamo sempre insieme al partito, con le bandiere. E poi, prima del ‘25, ci divertivamo ad andare davanti alla sede dei fascisti per prenderli a pernacchie. Ricordo che un giorno Franchino il fascista ci inseguì. Io mi fermai e gli dissi (s’infervora) ‘Ué, Franchì, puoi metterti tutte le camice nere che vuoi, ma resti sempre… un uomo di merda…’ E allora, lui ci saltò addosso e…
LENA: Ti fece un occhio nero…
PINUCCIO: Questo non me lo ricordo.
LENA: Si capisce. Tu ricordi sempre e solo quello che ti fa comodo… (sfoglia le foto. Si sofferma a guardare la foto d’un giovane. S’asciuga una lacrima.) E questo lo ricordi?
PINUCCIO (guarda inespressivo): No. Chi è?
LENA: Luigino…
PINUCCIO: Luigino?
LENA: Sì, Luigino. Partì per la guerra e non è tornato più…
PINUCCIO: Ora, ricordo. Sì, ricordo… Ci fu uno studente che morì in Russia…
LENA: Uno studente? Babbo, quello era tuo figlio! (triste) Come ci si può dimenticare d’un figlio… Babbo, quanti figli hai?
PINUCCIO: Due. Tu e tua sorella Mina. E poi…
LENA: E poi?
PINUCCIO (divagando): Ricordo com’era bella mamma tua quando ci sposammo. érë la dàië dë Sèndë Stéfënë e chioevëvë e chioevëvë (Era il giorno di Santo Stefano e pioveva, pioveva)… Un gran quarantotto. E c’era un vento che faceva volare via tutto. Pure il velo di tua madre…
LENA: Me lo ricordo. Mamma lo raccontava sempre…
PINUCCIO: Tu nascesti dopo nemmeno un anno… E l’anno dopo venne…
LENA: Luigino…
PINUCCIO: Mina. L’anno dopo venne Mina.
LENA: Papà, che dici? Mina è molto più piccola di me.
PINUCCIO (senza ascoltare): E tu a sette anni ti prendesti la meningite e t’apparve in sogno l’Addolorata. Ti baciò sulla fronte e ti disse. ‘Lena, Lena, tu guarirai’. E sei guarita…
LENA: No, babbo. Veramente quello che ha preso la meningite era mio marito ed è stato graziato dalla Madonna. Per questo ogni anno torna da Buenos Aires per la processione.
PINUCCIO (disorientato): Tuo marito?
LENA: Sissignore…
PINUCCIO: Sì. Figurati se mo’ la Madonna si scomodava per un figlio di Franchino il fascista…
LENA: Ah, sei incorreggibile…
PINUCCIO (canticchiando): Dorme amore ed il Sole è d’oro già…
LENA: Questo è ‘Amor di pastorello’. Ricordi chi lo cantava?
PINUCCIO: Sì! Io mo’ mi devo ricordare il nome dei cantanti. Che ho una certa età io!
LENA (sognante): La cantava sempre Luigino. (canticchia) Din don, din don, din don, chi mai lo desterà… (sospira) Quanti ricordi…
(Entra in scena una bimba di otto-nove anni, vestita da angelo. Ha in mano una veletta.)
ADDOLORATA: Mamma, mamma, quando viene il babbo?
LENA: Tu non ti preoccupare. Viene, quando non si sa. Di certo arriverà prima delle cinque. In tempo per vedere quanto sei bella vestita così…
ADDOLORATA: Che dici? Mi porterà qualche regalo?
LENA: E me lo chiedi? Benito vi porta sempre tanti regali. A te e a quella sfaticata di tua sorella. (si siede. Addolorata si siede sulle sue ginocchia)
ADDOLORATA: È vero che la Madonna ha salvato papà quand’era bambino?
LENA: Sicuro. Tuo padre era tanto malato. La nonna piangeva perché tutti pensavano che stesse per morire. E invece, una notte che aveva la febbre altissima, gli apparve in sogno una signora vestita di nero che gli disse: ‘Nito, che fai? Perché stai così? Non è giunta l’ora che tu veda gli angeli di lassù! Su su, torna a giocare con gli altri bambini’. E Nito si svegliò e in pochi giorni guarì ed è diventato quello che tu sai…
ADDOLORATA: E come mai la Madonna tra tanti bambini scelse proprio papà?
LENA: Perché tuo padre è un brav’uomo ed è un gran faticatore. Ha passato una vita a spaccarsi la schiena su in Argentina per non far mancare nulla a te e a tua sorella. Per questo non gli devi mai mancare di rispetto. (sorride) E poi se la Madonna non avesse guarito papà tuo, tu non saresti mai nata e sai che peccato!
ADDOLORATA (s’alza): Questo è vero. (s’avvicina al nonno e l’abbraccia) Nonnino…
PINUCCIO (sorridente): Vieni qui, Pasqualina…
ADDOLORATA: Ma nonno, io non mi chiamo Pasqualina. Sono Lora…
PINUCCIO: Ah, sei Lora. E Pasqualina dove sta?
ADDOLORATA: E chi è Pasqualina?
PINUCCIO: Come chi è Pasqualina… L’altra sorella tua…
ADDOLORATA: Ma io non ho sorelle che si chiamano Pasqualina…
PINUCCIO (agitandosi): Ué, Lora, non mi far venire i nervi che sono un uomo anziano io, eh…
LENA: Papà, la bambina dice il vero. Lei sorelle che si chiamano Pasqualina non ne tiene…
PINUCCIO: Non ne tiene? E l’altra figlia tua come si chiama?
LENA: Checchina, papà. Si chiama Checchina, come Franchino, il papà di Benito.
PINUCCIO (scandalizzato): Come? Tu avresti messo a mia nipote il nome di Franchino il fascista?
LENA: Precisamente.
PINUCCIO: Possibile? Scusa, (indicando Addolorata) e questa bambina come si chiama?
ADDOLORATA: Ma nonno, mi chiamo Lora!
LENA: Lora sta per Addolorata, come la mamma di…
PINUCCIO: La moglie di Franchino il fascista? Tu hai messo a una creatura innocente il nome della moglie di Franchino il fascista? (scuotendo il capo) No no, mandala via. Mandami a chiamare Pasqualina…
LENA: Ma non c’è nessuna Pasqualina qui…
PINUCCIO: Cioè sarebbe a dire che tu hai chiamato le tue figlie come a Franchino e a cchera zì dë la mëgghièierë e non hai messo a nessuna il nome di quella santa donna della Pasqualina tua madre? (sognante) T’ho mai raccontato quant’era bella quando ci sposammo? érë la dàië dë Sèndë Stéfënë e chioevëvë e chioevëvë…
LENA: Sì, papà. Questa è la centesima volta che mi racconti questo fatto…
PINUCCIO (adirato): Non usare questo tono di degnazione con me, sai? Lo so che in questa casa aspettate tutti la mia Morte! Lo so! Non vedete l’ora di mettere le mani sui miei averi…
LENA: Oh, ma quali averi? A mala pena conservi una pensioncina di guerra…
PINUCCIO: Storie! Ah, che brutta cosa la vecchiaia! Scopri allora quanto ai figli non importa niente di te! Niente! Aspettano che te ne vai all’altro mondo, aspettano! Ma io non crepo, avvoltoi!
LENA: Beh, sai che ti dico? Se stai tanto male, qui, vattene da Mina! Voglio proprio vedere se avrà la forza di sopportarti!
PINUCCIO: Me ne vado, me ne vado! Sta’ sicura che me ne vado… (invece, prende la sedia e siede)
LENA: Beh, non te ne vai?
PINUCCIO: Me ne vado…
LENA: A me pare che stai ancora qua…
PINUCCIO: Sto raccogliendo le forze…
LENA: E fai una cosa veloce, possibilmente…
LORA : Mamma, son quasi le due…
LENA: E che vuoi da me?
LORA: Chi m’accompagna al Purgatorio?
LENA: Io di certo no. Ho da fare. E poi la processione è alle cinque…
LORA: Lo so. Ma il priore m’ha detto d’andare due ore e mezzo prima dell’uscita…
LENA. Ih, quello il priore lo sa come sono i molfettesi. Per farli arrivare in orario ad un posto gli devi dire d’andare almeno sei ore prima…
LORA: Sì, ma…
LENA (seccata): Senti, Lora, io non ti posso portare. Ora chiamo tua sorella e vediamo.
LORA: Sì, figurarsi se m’accompagna. Si stava lavando i capelli…
LENA: A quest’ora? Ma quella è scema o recita la parte a memoria. Ora ci siamo alzati da tavola.
LORA: Tanto lo sai che quella non mangia niente.
LENA: Di solito sì, ma oggi aveva appetito. S’è divorata più di mezza ruota di focaccia…
LORA: Boh. Chi la capisce è bravo… Comunque si starà facendo bella per Tonuccio, il figlio di Carolina. Son tre mesi che fanno coppia fissa.
LENA: Ma a me quello non tanto piace…
LORA: Anche se l’ho vista che faceva gli occhi dolci a Rudy, il vicino…
LENA: Chi il figlio di Lisetta?
LORA: Sì…
PINUCCIO: Ehi, Lena, ma come se ho sentito che è morta qualche signora del palazzo…
LENA: Com’è, qualche signora? Papà, Lisetta la vicina. E il figlio, che recita al Piccinni, a Bari, sono dieci giorni che è tornato a raccogliere le cose della madre…
PINUCCIO: Povera Lisetta.
LENA: Eh sì, povera Lisetta. Mi ricordo che solo tre mesi fa ci fu quell’altra disgrazia. Il marito di Nina, la figlia più piccola morì in un incidente in barca. Che brutta cosa. Da allora quella poverina di Nina non usciva di casa se non con la madre.
PINUCCIO: T’ho detto che Lisetta ci fece da testimone alle nozze? Io e Pasqualina ci sposammo il giorno di Santo Stefano e chioevëvë e chioevëvë…
LORA: Ma nonno, l’hai già detto!
PINUCCIO: Ué, che modi sono? (a Lena) È così che insegni alle tue figlie a rispettarmi? (Lena sospira) Del resto, che ci si poteva aspettare da una che si chiama come la moglie di Franchino il fascista? (Lazzi di Lena. Pausa.) Lena, ma chi è il giovane che sta alla porta accanto da qualche giorno?
LENA: E mo’ l’ho detto! È il figlio della povera Lisetta che sta qua da dieci giorni. (ridacchia) Anzi, forse dovrei dire… l’altra figlia di Lisetta. Eh sì, perché in città si mormora che sia… (fa un gesto eloquente) quella cosa…
PINUCCIO. Non ho capito…
LENA: Beh, se lo vedi e spero che non succeda, capirai… (a Lora) Comunque, anche se a tua sorella Rudy dovesse piacere, le conviene scordarselo perché quello le donne non le guarda… Ora va’ a prepararti. (Addolorata esce. Bussano) Questa casa. Un porto di mare. Ecco che cos’è.
PINUCCIO: Lena, chi è?
LENA: Se non apro prima, non lo posso sapere…
PINUCCIO: E che aspetti ad aprire? (Lena dà segni di insofferenza. È la sorella Mina, sui ventiquattro, con i nipotini Ferdinando e Federico.)
LENA: Ehi, Mina. Tu qua stai?
MINA (entrando): Son venuta a farti una visita… (inciampa sulla porta)
LENA: Quando ti deciderai a mettere gli occhiali sarà sempre tardi…
MINA (andando verso il tavolo): Ma perché mettere gli occhiali? Io ci vedo benissimo (inciampa sulla gamba del tavolo e cade) Quasi… (si rialza) Hai visto chi t’ho portato? Federico, il figlio di mia cognata. Mi hanno chiesto di badare un po’ a lui…
LENA: E tu hai pensato di sbolognarmelo…
MINA: Come sei esagerata: è che io non ci so fare con i bambini. Mi rendono isterica… Guardarli è una vera fatica…
LENA. Specialmente per te che non ci vedi…
FEDERICO: Zia zia, posso fare un giretto qui intorno?
MINA: No. Stai fermo e buono, ché zia Lena non è per niente paziente. (Pinuccio non le bada. Lei gli s’avvicina) Babbo, come stai? (Pinuccio non risponde) Eh, la vecchiaia. Quest’uomo non ci sente più tanto bene. (urla) Babbo, come stai?
PINUCCIO (trasalendo): Chi? Cosa? I fascisti a Molfetta?
MINA: Ma no, babbo. Sono io. Sono la Mina…
PINUCCIO: Mina, che bello…
FEDERICO (vede il vaso di fiori sul tavolo): Zia zia, com’è bello questo vaso di fiori. Posso vederlo?
MINA (acida): Sta’ zitto!
FEDERICO: Obbedisco (lo consegna a Lena).
MINA (trionfante, a Lena): Lo vedi? Con la dolcezza s’ottiene sempre tutto (cambiando discorso) E così Benito oggi torna…
LENA: Eh sì. Sai che non si perde una processione…
PINUCCIO: Mina, ti ricordi quando Lena stette male a sette anni e la Madonna Addolorata la guarì?
MINA (piccata): Ma babbo, quando Lena aveva sette anni io non ero ancora nata. Sono molto più giovane, io…
LENA: Beh. E ora che vuoi dire?
MINA: Nulla, cara. Esponevo solo fatti. Fatti.
LENA: Ti piace il vestito a fiori rossi che indosso?
MINA: Oh, bellissimi! Io adoro tutti quei fiorellini così graziosi che adornano i vestiti…
LENA: Veramente, indosso un camice da lavoro…
MINA (rappezzando): Adoro i fiorellini che adornano i camici da lavoro.
FEDERICO: Zia, zia. Ho fame!
MINA (acida): Tira la coda al cane!
FEDERICO: Ah…
MINA (gioviale, a Lena) E a che ora torna Benito?
LENA: Non lo so. Di certo in tempo per l’uscita. Quanto mi manca quel marito mio. Non è facile mandare avanti una casa da sola. E non parlo dei soldi, ché per Fortuna non mancano. Il problema è che resto sempre sola…. Talvolta, se non fosse per quei lavori di ricamo che faccio e per le mie figlie, mi sembrerebbe d’impazzire…
MINA: Il mio è il problema opposto. Mio marito mi sta sempre tra i piedi. Mai che si vada a fare un viaggetto in barca…
LENA: Mina…
MINA: E beh… Sono gli inconvenienti di avere un marito impiegato al comune.
LENA: Quanto darei per poter avere il mio Benito a casa con me…
MINA: È la lontananza che ti fa parlare così. Il marito è come il pesce. Se lo tieni in casa tre giorni all’anno sei fortunata, ma se rimane di più, diventa come il pesce. Comincia a puzzare..
LENA (redarguendola): Mina! (poi, tagliando corto) Vieni con me. Ti faccio vedere il vestito che m’ha comprato per la fiera.
MINA: Che carino! Ti fa anche i regali. Io, invece, per comprarmi questa borsetta ho dovuto fare la cresta sulla spesa per mesi!
LENA (scandalizzata): Mina!
(Escono per un momento. Entra la piccola Lora).
FEDERICO: Lora. Lora stai qua?
LORA: E tu che vuoi?
FEDERICO: Come ti sei vestita. Fai proprio ridere.
LORA: Sarai bello tu.
FEDERICO: Peppiniello Scarcella m’ha detto che tu mi vuoi…
LORA: Chi?
FEDERICO: Peppiniello Scarcella. Il nipote di commare Italia.
LORA: Chi? Quello con le lentiggini?
FEDERICO: Sì sì. Quello.
LORA: E tu credi a uno brutto e con le lentiggini? Ma fammi il piacere…
FEDERICO: Però non è che m’hai risposto.
LORA: Sicuro che t’ho risposto. Non mi piaci per niente. Sei antipatico e brutto. Piuttosto che con te, mi metto con Lillino il cionco…
FEDERICO: Io sono brutto e antipatico? E allora sai che ti dico? Peppiniello Scarcella ha detto pure che hai la mutanda strazzata.
LORA: E come fa a dirlo?
FEDERICO: Perché alla scorsa processione, il vento ti sollevò la gonna e lui t’ha vista. Mutanda strazzata, mutanda strazzata!
LORA: E tu porti le calze scadute!
FEDERICO: Mutanda strazzata!
LENA (entrando): Ué, scostumato. Come ti permetti?
MINA: Sei un insolente. Chiedi scusa a mutanda strazzà… (Lena la fulmina con lo sguardo) Eh, chiedi scusa a Lora.
FEDERICO: Scusa, Lora…
MINA: E ora andiamo. Ti porto a passeggio. Così non farai danni.
FEDERICO: E va bene…
MINA: Ci vediamo, allora Lena. Papà…
PINUCCIO: Ah, ciao Mina…
LENA (accompagnandola alla porta): Mi raccomando allo scalino. (Rumore di capitombolo. Lena si porta le mani alle tempie)
LORA (picciosa): Mamma, devo andare al Purgatorio…
LENA: Uh, quanto sei scocciante! Ora chiamo tua sorella (s’affaccia) Checchina! Checchina!
CHECCHINA (dall’esterno): Che vuoi?
LENA (c.s.): Bisogna portare Lora alla Chiesa…
CHECCHINA (c.s.): E ce la devo portare io?
LENA: E chi? Lo Spirito Santo? (al pubblico) Quanto è indisponente… (Sulle note della “Canzone arrabbiata” di Nino Rota, entra Checchina; è una bella ragazza, un po’ selvaggia. Ha l’aria irritata e ribelle) Ah, finalmente stai qua! Sei proprio una sfaticata. Non hai preso niente da tuo padre…
CHECCHINA: Ho i capelli bagnati e nel bagno non ci sono asciugamani puliti…
LENA: Li ho lavati…
CHECCHINA: Brava. Così mi prenderò la polmonite…
LENA: Non sarebbe male. Almeno passeresti qualche ora a casa invece di andartene girando con Tonuccio.
CHECCHINA: Con Tonuccio ho chiuso…
LENA: Hai chiuso? E perché? Non facevi che parlare di lui…
CHECCHINA: Se non lo voglio più sono fatti miei…
LENA: Ma perché: c’è qualcosa che tu riesci a volere per più di tre giorni?
CHECCHINA: Mi fai il processo? Mi pare che Tonuccio non t’è mai piaciuto!
LENA: M’arrabbio perché, in vita tua, non sei riuscita a restare con lo stesso ragazzo per più di due mesi! Che dirà la gente? Che sei una poco di buono!
CHECCHINA: Perché? Che dicevano di te? ‘Lenë Lenë, senza meraitë, s’acchì préienë (‘Lena Lena senza marito si ritrovò incinta’)… (Lena la schiaffeggia.)
PINUCCIO: Eh! Io su di te non ho mai alzato le mani…
LENA: Altri tempi. Io non ero una scostumata. Non c’è che dire. Debbo ringraziare mia suocera per quello che va dicendo davanti alle mie figlie.
CHECCHINA: Non lo dice solo nonna Lora. Tutto il paese lo sa. E dicono che il babbo ti sposò solo perché eri incinta e non ti volevi guastare.
LENA: Forse se sono rimasta incinta, un po’ di responsabilità ce l’ha anche tuo padre. E poi, il nostro è stato un grande Amore. I nostri genitori si odiavano e quando nonno Pinuccio seppe che lo frequentavo non mi fece uscire per un mese. Lui però la notte veniva e bussava alla finestra della stanza mia e io, quatta quatta, uscivo…
CHECCHINA: E una di quelle notti…
LENA: Non mi sono pentita d’aver sposato tuo padre…
CHECCHINA: Ma se sono anni che passi il tuo tempo ad aspettarlo e lo vedi solo la settimana dell’Addolorata.
LENA: Questo perché tuo padre lavora. Non si diverte lui, in Argentina. E ora, accompagna tua sorella al Purgatorio…
LORA: Se aspettate un attimo, vado a prendere l’aureola…
LENA (Esce Lora. A Checchina, guardandola torvo) Non parlarmi più così davanti a tua sorella. Se tu sei cresciuta male, non posso cambiarti. Ma non guastarmi quella bambina.(bussano alla porta. Pinuccio si alza)
PINUCCIO: Ecco. Va’ a finire che in questa casa la porta la devo aprire sempre io.
LIA (sulle note dell’Intermezzo di Cavalleria rusticana, Lia entra trafelata. È una ragazza sulla ventina, meno appariscente di Checchina): Checchina, meno male che t’ho trovata. Signora Lena…
LENA: E ch’è successo?
LIA: No, niente…
LORA (dall’interno): Mamma, non trovo l’aureola…
LENA: Che impiastro. Vengo… Vengo… (esce)
CHECCHINA: Che c’è?
LIA: Tonuccio sta’ fuori…
CHECCHINA: E allora?
LIA. Ha detto che se scendi t’ammazza.
CHECCHINA: Ci provasse. Tanto di morire non me ne frega niente…
LIA: Mënè, sì scèmë?
CHECCHINA: Che me ne faccio più della vita mia? A casa non parlo con nessuno. Mia sorella è insopportabile e mia madre… Non ne parliamo. E fuori, poi c’è Tonuccio che non fa che picchiarmi se solo mi vede parlare con un altro… (Entra Lena. Rimane in disparte) L’altro giorno, sorrisi a Rodolfo, il vicino e lui mi gridò: ‘Ti piace quel mezzo uomo? Sgualdrina. Tu devi guardare solo me!’ E m’ha riempita di sberle. Quella sera sono rientrata a casa senza farmi vedere da mamma, perché sono sicura che m’avrebbe dato anche il resto. E tu questa la chiami vita?
LIA: Sempre meglio che stramazzare a terra con un coltello nello stomaco…
CHECCHINA: E m’uccidesse. Vorrà dire che ammazzerà anche suo figlio… (Lena trasale)
LIA: Proprio per questo dovete fare la pace. Qui c’è di mezzo una vita innocente che cresce dentro di te…
CHECCHINA: Tonuccio non si deve illudere. Lui questo figlio non lo crescerà mai. Non glielo farò vedere nemmeno dal balcone. (si batte il grembo) Questo è il figlio di Checchina, solo di Checchina…
LIA: È una follia. Non potrai crescerlo da sola. E che dirà tua madre?
CHECCHINA: Mia madre è l’ultima persona ad avere il diritto di mettere bocca su questa cosa…
TONUCCIO (dall’esterno, urlando): Checchina, Checchina! So che sei lì! Non puoi evitarmi per sempre…
LIA (potandosi una mano alla bocca): Madonna santa…
CHECCHINA (si segna): Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te…
LENA (si fa avanti): Lasciate fare a me… Me la vedo io…
CHECCHINA: Hai ascoltato tutto?
LENA: Sì, ma tanto sono l’ultima a poter mettere bocca in questa cosa…
TONUCCIO: Aprite o sfondo la porta…
LENA: Un momento. Quanta insistenza!
LIA: Presto. Andiamo di là. (Lia e Checchina vanno di là)
TONUCCIO (entra di corsa sulle note della Canzone arrabbiata): Dov’è? Dov’è?
LENA: Ma chi?
TONUCCIO: Ma Checchina…
LENA: Checchina non c’è…
TONUCCIO: Non ci credo! Dov’è quella pu…
LENA (interrompendolo): Non parlare così di mia figlia.
TONUCCIO: Cchéra mésciàlë… non vuole vedermi. Ma non finirà così. Ha mio figlio in grembo.
LENA: Per sciagura!
TONUCCIO: Per sciagura? No. Non per sciagura (cambia tono) Vi prego, Signora Lena. Ditemi dove sta. L’ho trattata male, è vero, ma ero nervoso perché la società elettrica m’ha licenziato e mi ritrovo in mezzo a una strada. Ma ho capito che ho sbagliato… Io senza Checchina non vivo più. Quella donna m’ha fatto uscire pazzo.
LENA: Pazzo lo eri già di tuo…
TONUCCIO: M’ha stregato. Uno sguardo e Tonuccio non era più lui. Ditemi dov’è. (urla) Dov’è?
LENA (urla più di lui). Oh! Dove credi di stare? È una casa questa! Non una piazza!
TONUCCIO: Io urlo quanto mi pare.
LENA: No, caro. Non a casa mia!
TONUCCIO: Ditemi dov’è Checchina. Voglio Checchina.
LENA. Qui non c’è. E non t’azzardare a mettere in dubbio la parola di Lena…
PINUCCIO: Lena! Che succede?
LENA: Ma niente!
PINUCCIO: Perché grida quel giovanotto?
LENA: Ma che ne so! Non ha le rotelle al posto…
TONUCCIO (urla): Ditemi dove sta!
LENA (urla di più): Vattene! Esci da questa casa subito, ora! E non tornare più! Mia figlia non è per te! Non lo è mai stata! Se avessi saputo che ti frequentava l’avrei legata a quella sedia pur di non farla uscire di casa. Perché tu sei un violento, uno che picchia le donne perché non è abbastanza maschio da prendersela con chi può difendersi…
TONUCCIO: S’è innamorata della mezzafemmina, vero? Lo vedo come lo guarda ‘quella signorina faccio l’attore’! Fussë alméienë creiàusë (Trad: Fosse almeno bello).
LENA: Non lo so e non m’interessa se frequenta altri. Ma d’una cosa sii certo. Questo figlio lo crescerà Lena e tu non lo vedrai. Nossignore.
TONUCCIO: Sicuro. Tu sei esperta. (beffardo) Lenë Lenë, senza meraitë, s’acchì préienë!
LENA (lo schiaffeggia): Ti sbagli perché un marito ce l’ho ed è Benito, il padre di Checchina e Lora. Benito tornerà oggi e se ti vedrà ronzare qui intorno ti spedirà lui in ospedale… E ora fuori. Fuori….
TONUCCIO: Sicuro che me ne vado. Però avitë à passà ne bellë Addoloratë (esce mentre risuona l’Intermezzo della Cavalleria rusticana).
SIPARIO
II ATTO
Stessa scena. C’è solo Pinuccio. Suonano alla porta.
PINUCCIO: Vado. Vado. Nessuno si scomodasse ad aprire. In questa casa sono il servo di tutti quanti. (Apre. Entra Rudy. Giovanotto sui venticinque, non particolarmente attraente, ma piuttosto fine e gentile nei modi. È in canottiera, ha un asciugamano bagnato sulla spalla) Ah, buongiorno giovanotto. Voi dovete essere la figlia di…
LENA: Il figlio di Lisetta, papà. Il figlio. (si alza, seccata) Che cosa volete?
RUDY: Buongiorno, signora Lena, di là è finito il sedano. Se foste così cortese da…
LENA: È l’una passata e ancora dovete mangiare?
RUDY: In effetti, stamane mi sono alzato piuttosto tardi. Avevo un mal di testa da paura…
LENA: Attenzione. Sarà stato perché ieri sera vennero a trovarvi i vostri amichetti del teatro e qualcuno restò fino a tardi.
RUDY. Vi chiedo perdono se v’abbiamo dato fastidio…
LENA: Nessun fastidio. (Entra Checchina. Rimane ad ascoltare) Se vi piace vivere così…
RUDY: Così come?
LENA: Sentite. Io non voglio immischiarmi. Sono una donna rispettabile e ho due figlie femmine che girano per casa e non voglio che abbiano il cattivo esempio…
RUDY: Ah, capisco. Ma… il sedano?
LENA: Il sedano ce l’ho ma basta appena per me e la mia famiglia. Chiedetelo ai vostri amichetti.
RUDY: Risparmiatemi la vostra ironia… Erano venuti a farmi le condoglianze. E poi i miei amici sono brave persone.
LENA: Sicuro. Leggetevi il Vangelo e poi ne riparliamo…
RUDY: Il Vangelo io l’ho letto. Voi forse no, visto che si dice di non guardare la pagliuzza nell’occhio dell’altro ma la trave che si ha nel proprio.
LENA: La vostra non è una pagliuzza.
RUDY: Può darsi, ma è affar mio…
LENA. E allora fatevi i vostri affari lontano da casa mia… E se non avete rispetto della memoria di Lisetta, abbiatene almeno per Nina, vostra sorella che è stata tanto sfortunata. Poveraccia, suo marito Mario morto in mare, la madre tre mesi dopo e un fratello che…
RUDY (con aria di sfida): Che…?
LENA: Chiedetelo a quella ragazza. Non esce più di casa. Forse per la vergogna che suo fratello è…
RUDY: Il sedano…
LENA: T’ho già detto che il sedano per te non ce l’ho…
RUDY: Ah, per me non ce l’avete…
LENA: Sì, per te. Perché non ne ho forse il diritto?
RUDY: Ah, sicuro. Potete fare quello che volete. Ma la verità è che restate una sciocca borghese senza cuore.
LENA: Bene! Andate a insultarmi da un’altra parte.
RUDY: Sicuro che me ne vado. Ho voglia d’aria pura, io!
LENA: Villano. Andate dietro all’Addolorata! Forse vi farà tornare sulla retta via…
RUDY: Andateci voi. Io sto benissimo anche all’Inferno… (fa per uscire)
NINA (entrando): Rodolfo. Sei qui?
LENA: Nina. Che sorpresa! Accomodati…
RUDY: No. Ce ne andiamo subito…
NINA: Rudy, Rudy. Dalla finestra ho visto il molo. È attraccata una barca. Forse è lui. Forse è lui che ritorna.
LENA: Chi ritorna?
NINA: Mario. Mario ritorna…
LENA (stupita): Mario?
NINA: Mio marito. Mio marito. (con gli occhi sbarrati; la scena sarà accompagnata dalle note di Un bel dì vedremo, dalla Madama Butterfly di Puccini) È partito su una nave bianca come la neve e non è ancora tornato. Oh, ma una rondine m’ha detto che tornerà con l’arrivo dei gabbiani. (sorride) E mi porterà di nuovo a prendere il Sole sulla spiaggia. (a Lena) Vedi? Prima di partire, m’ha regalato questo medaglione (le mostra il medaglione che ha al collo) Questa sono io e questo è lui… (ride) È bello Mario, vero? Ha i capelli soffici soffici. Le mani no… Le mani sono piene di calli. Sono le mani d’un uomo che lavora. Lo sapete come sono le mani d’un uomo che lavora, vero?
LENA: Sì. Lo so.
NINA: È partito su una nave bianca come la neve e non l’ho visto più da sei mesi. Ma io so che torna. Lo sento qui (si tocca il petto). E passeggeremo ancora sul vialetto che porta alla Basilica.
RUDY: Vieni a casa, Nina. Vieni a casa.
NINA: Un mese fa arrivò una barca. Dissi alla mamma: ‘Mamma, mamma, portami da quei pescatori. Forse loro Mario l’hanno visto. Forse lo sanno dov’è. Mamma, portami da quei pescatori.’ E lei m’ha accarezzato i capelli e m’ha detto: ‘Nina, Nina, Mario dorme e non torna più’. ‘Dorme? Dorme? E dove sta? Dove sta? Andrò io a svegliarlo. Andrò io’. (interita) Tutti dicono che è morto. Ma non lo è. Non lo è, credetemi. Portatemi il suo corpo, se è vero. Portatemi il suo corpo. Voglio accarezzare ancora i suoi capelli soffici soffici. (inseguendo un pensiero) Dicono ch’è morto. Ma non è vero. (urla) Non è vero!
RUDY (l’abbraccia): Certo che non è vero, Nina. Mario tornerà con l’estate e tu gli correrai incontro e l’abbraccerai. E ti porterà al mare. Ti ricordi come ti piaceva andare al mare? Ricordi? Anzi, perché non ci andiamo insieme domani? Ti ci porto io, Nina…
NINA (sorride, poi inizia a cantare Come pioveva, smarrita): Ma io ripenso ad un giorno lontano,
quando quel giorno io gli presi la mano…
RUDY: Nina, domani ti porto al mare. E con le conchiglie costruiremo un castello alto alto con tante finestre e faremo il bagno fino alle cinque del pomeriggio. Poi, ci sdraieremo sulla sabbia e resteremo lì a vedere il tramonto. Vuoi?
NINA (fa cenno di sì, in sottofondo l’aria ‘Un bel dì vedremo’): Sì… Però, deve venire anche Mario con noi. Il mio Amore verrà dal mare. Vedrò la sua nave arrivare nel porto. E allora mi vestirò, mi truccherò, metterò tanta cipria. Non mi riconoscerà nemmeno. Uscirò da casa scalza e correrò a piedi fino al molo. Gli getterò le braccia al collo. E lui mi sorriderà e mi dirà: ‘Ninetta, Ninetta, è venuta l’estate. Ninetta bella, le rondini sono tornate’. E mi porterà tanti fiori come quando veniva. Mi portava le margherite e tanti fiori di campo. E come profumavano. (cambia tono) C’erano tanti fiori sulla sua tomba, tanti. (scuote il capo) Ma il suo corpo no. Non mi resta più niente di lui, niente (piange) Oh, ma lui tornerà, abbiate fede. Tornerà con l’estate. (atona) Tornerà con l’estate. Tornerà. (più fioca) Tornerà…(Rudy l’abbraccia)
LENA: Mi dispiace…
RUDY: Vi dispiace? No, non vi dispiace affatto. Avete trovato un’altra chicca da raccontare alle vostre amiche. La sorella di Rodolfo il finocchio è uscita di senno. Che notizia preziosa! (cambiando tono) Volevate sapere perché non esce? Adesso lo sapete. Siete soddisfatta? In casa nostra non abita il peccato. In casa nostra abita solo… il dolore. (esce)
PINUCCIO: Però, mi piace quel ragazzo. Ma come sta sua madre, Lisetta?
LENA (furiosa): Babbo, sua madre è morta dieci giorni fa e questa è la centesima volta che lo ripeto! (esce)
PINUCCIO (mortificato): Ma che ho detto?
CHECCHINA (si avvicina al nonno e gli abbraccia il collo): Niente, nonno. È che quella donna non sa dove sta di casa l’Amore…
PINUCCIO: Grazie, Pasqualina. Tu sì che sei dolce, Pasqualina… (restano così, abbracciati. Dalla porta aperta entra in scena Addolorata maggiore, la madre di Benito. Musica di Amarcord)
ADDOLORATA: Checchina…
CHECCHINA: Nonna…
ADDOLORATA: E tuo padre?
CHECCHINA: Non è ancora arrivato…
PINUCCIO (falsamente deferente): Buongiorno alla signora Lora…
ADDOLORATA: Ah, voi siete ancora qui…
PINUCCIO: Perché?
ADDOLORATA: Credevo che vi avevano portato alla Madonna. Del resto, quando il cervello parte…
PINUCCIO: Io ho la pensione…
ADDOLORATA: Sicuro. Grande cosa. Con la vostra pensione, Benito së stùscë…
LENA (comparendo sulla porta): Buongiorno a sua Maestà.
ADDOLORATA: Oh, buongiorno. Noto con piacere che stai fervendo per preparare la giusta accoglienza a quel faticatore di mio figlio. Questa casa sembra una stalla.
LENA: Checchina, per favore vai di là a chiedere a Commare Finella se accompagna Lora al Purgatorio.
CHECCHINA: Ma ce la dovevo portare io.
LENA: Tu non esci.
LIA: Tua madre ha ragione…
CHECCHINA: No, io esco. Perché io sono libera.
LENA: No, tu resti qui, a costo che, per sorvegliarti, a vedere la Madonna non ci vado.
LIA: Dai retta a tua madre, Checchina.
ADDOLORATA: Si può sapere cosa succede?
LENA (secca): Cose di famiglia. Non vi riguardano.
ADDOLORATA: Ah davvero? E per caso hanno a che fare con un certo Tonuccio?
LENA: Fatevi gli affari vostri.
ADDOLORATA: Eh no, cara. Questi sono affari di mio figlio Benito e quindi sono anche affari miei.
LENA. Benito si fida di me.
ADDOLORATA: Sicuro. Perché è un sant’uomo il mio Benito. Ma io so di che pasta sei fatta. Lenë Lenë, senza meraitë, s’acchì préienë!
LENA: Checchina, vai da commare Finella.
CHECCHINA: No, vado a prendere Lora e la porto al Purgatorio.
LIA: Ascoltala. È una follia.
LENA: Checchina, sto perdendo la pazienza.
ADDOLORATA: Se ti fossi occupata delle tue figlie quand’era il momento, questo non succederebbe.
LENA: Ah e le vostre figlie le avete mai guardate? Mi risulta che quando arrivarono gli americani a Molfetta, il signor Franchino il fascista, per rifarsi una verginità, le sue rispettabili figlie le fece prostituire al comandante alleato. Me lo ricordo il vostro figlio più piccolo che, a nemmeno cinque anni, se ne andava tra gli americani a vendere le sorelle al migliore offerente perché gliel’avevate detto voi. Sì, poi la Nunziatina il tenente Wilsòn se l’è sposata, ma la sostanza non cambia… Io e le mie figlie avremo anche dei problemi, ma prostitute non lo siamo state mai!
ADDOLORATA: Lavati la bocca col sapone prima di nominare mio marito e i miei figli! Se avessi accettato di guastarti, Benito non t’avrebbe sposata mai!
LENA: Benito non m’ha mai domandato di guastarmi!
ADDOLORATA: Perché era un signore!
LENA: Perché m’amava!
ADDOLORATA: ‘M’amava’! T’inghijë la vocchë!
LENA: Checchina, vai da commare Finella.
CHECCHINA: No.
LENA (urla isterica): Checchina, vai da Commare Finella! (Checchina va verso le stanze. Addolorata scoppia a ridere. Nonno Pinuccio dà segni di nervosismo)
LIA: Signora Lena, cerco di farla ragionare io… (esce)
LENA (Minacciosa, ad Addolorata): Che avete da ridere, ora?
ADDOLORATA: Guardati, Lena. Sei patetica. Sei sull’orlo d’una crisi di nervi e non vuoi ammetterlo…
LENA: Voi, voi non avete mai capito niente di me. Io ho fatto di tutto per farmi accettare, ma niente. Per voi resto Lena Lè, la figlia di Pinuccio il socialista, quella che uscì incinta di Benito senza esserne maritata.
ADDOLORATA: Se l’amavi davvero, ti saresti guastata. Gli avresti lasciato una scelta. E invece guardati. L’hai costretto a un matrimonio senza Amore. (sognante. Musica di Amarcord) Chi l’avrebbe detto quel figlio mio! Ho sempre pensato che avrebbe fatto grandi cose. Ricordo ancora quando quella Madonna Addolorata me l’ha salvato. Io piangevo già la sua Morte e poi tutto è cambiato. (di nuovo rabbiosa) E poi sei arrivata tu a rovinarmelo. Io volevo farlo studiare. Era così intelligente. Un piccolo genio. Ma per mantenere te e le tue figlie lui…
LENA: Io non gliel’ho chiesto. Non gli ho chiesto niente.
ADDOLORATA: Sicuro. Sei stata abile. Molto abile. Benito non è mai andato molto d’accordo con suo padre. Ma è normale. Tutti i ragazzi della sua età sono ribelli. E così s’era incapricciato della figlia di Pinuccio il socialista. Era solo una ripicca. Una cosa passeggera. Ma tu… tu hai saputo mettergli la catena al collo.
LENA: Voi non sapete quello che dite.
ADDOLORATA: T’è bastata una volta per restare incinta, una…
LENA: E voi ci credete? Una volta? Non conoscete vostro figlio…
CHECCHINA (entra, mano nella mano con Lora. Lia la segue preoccupata): Io vado, ma’.
LENA (la ferma per un braccio): Vuoi farti ammazzare?
CHECCHINA: Tanto non te ne importerebbe niente.
LENA: Tu non te ne vai.
LIA: Checchina, non fare follie…
LORA: Mamma, che succede?
LENA (calmandosi, dolce). Ma niente, Lora. Che deve succedere?
ADDOLORATA: Sicuro, bella mia. Vieni a dare un bacio alla nonna.
LORA: Nonna, che bello… (le corre incontro e l’abbraccia)
LENA (ironica): Certo. Sapessi che felicità!
CHECCHINA (approfittando della situazione): Beh, visto che non succede niente, io accompagno Lora al Purgatorio.
LENA: Checchì…
CHECCHINA (perentoria): Io accompagno Lora al Purgatorio…
LIA: Io però vengo con te.
CHECCHINA: Tu fa’ come vuoi. Io vado… (prende Lora per mano e s’avvia alla porta, seguita da Lia)
LENA: Checchì… (Checchina si gira) Sta’ attenta (Checchina annuisce. Escono)
ADDOLORATA: Quella ragazza è una forza della Natura.
LENA: Mi ricorda me a quella età…
ADDOLORATA: Sta’ attenta a che non faccia una brutta fine.
LENA: Io non ho fatto una brutta fine. Ho sposato l’uomo che amavo.
ITALIA (dall’esterno): Con permesso…
LENA: Accomodati, Ità. Ma ch’è successo.
ITALIA: No, niente. Ho saputo che Lora era qua e son venuta a dire il rosario.
LENA: E a quest’ora lo vuoi dire? Mo’ stiamo preparandoci per la processione.
ADDOLORATA: Ità, io sto pronta. Vienilo a dire di là da me il rosario.
ITALIA: Niernò, Lora… Il rosario lo voglio dire qua.
ADDOLORATA: E perché?
ITALIA (allusiva): E perché così m’ispira. (Lora non capisce, ma sta al gioco. Vede Pinuccio)
Buongiorno a Vossignoria.
PINUCCIO: Ah, buongiorno Finella.
ITALIA: Niernò, Pinù. Finella è mia sorella. Mo’ viene pure lei a dire il rosario insieme a noi.
PINUCCIO. Ah perché, mo’ mo’ dobbiamo dire il rosario?
ITALIA: Eh mo’ mo’!
PINUCCIO: Ma tra un’ora esce la Pietà.
LENA: Non la Pietà, babbo. L’Addolorata.
PINUCCIO: Eh vabbé. Ho sbagliato. Quanto sei pesante.
ADDOLORATA: Quando i genitori invecchiano, così succede.
LENA: Beh, con questo cosa vuol dire?
FINELLA (altra vecchia, entra dalla porta aperta): Ué ué. Ho visto la figlia di Lisetta, quel Rodolfo che usciva vestito bene.
LENA: E sarà andato ad aspettare la processione. Ma, commà Finella, tu che ci fai qui?
FINELLA: Non c’è il rosario, no?
LENA: Quest’appuntamento ‘rosariale’ a casa mia non mi risultava.
FINELLA: Ah, ma se ti diamo fastidio, mo’ ce ne andiamo a quella parte.
LENA: Non fa niente. Non ho segreti io.
ITALIA (che osservava gli oggetti per la casa, prende una foto di Luigino): Ah, quella buonanima di Luigino, quanti anni sono ch’è morto?
LENA (Gliela strappa di mano e se la porta al petto): Non la toccare! (si calma) È l’unica foto che ho di mio fratello.
PINUCCIO: Quello era uno studente che morì in guerra… Tutta colpa di Mussolini.
ADDOLORATA: Ma che studente? Quello era tuo figlio! Ed era una bella faccia di schiaffi! A quante ragazze avrà giurato eterno Amore.
LENA: Mio fratello era un ragazzo allegro e onesto. E un giorno me lo sono visto partire per la guerra. Mi disse: ‘Lena Lè, quando torno ti porto di nuovo al mare allo scoglio d’Inghilterra’. Nén s’à rëtràtë cchiù. È morto per la vostra patria.
ADDOLORATA: Come tanti altri ragazzi. Anch’io ho perduto un figlio in guerra e ne sono fiera. È caduto per l’onore d’Italia.
ITALIA: E poi con Mussolini non si stava male. Per le strade non volava un mosca. Invece, oggi…
FINELLA: E mi ricordo com’era bello mio figlio Tommasino con la divisa dei Balilla. Un vero piccolo duce.
LENA: Già. E il giorno dopo ch’erano arrivati gli americani, i vostri mariti, che prima passavano le ore al partito fascista, chissà perché divennero tutti comunisti. Vorrei proprio sapere chi aveva fatto la magia…
ADDOLORATA: Mio marito no.
LENA: Tuo marito non finì in galera solo perché tua figlia Nunzia andò a letto con quel tenente Wilsòn!
ADDOLORATA: Tu…
ITALIA: Ih, calmatevi, che non è successo niente!
GIUSEPPINA (entrando, altra vecchia comare): È permesso.
LENA (ironica): Prego, commà Peppina. Pure tu qui per il rosario? E diciamolo ’sto rosario, già che ci siamo.
ITALIA: E diciamolo. (a parte) I fuochi d’artificio a dopo.
FINELLA: Lena Lè, oggi pomeriggio torna anche mio figlio Vincenzino. Sapete che lavora in Argentina pure lui?
LENA: Ah sì. E dove?
ITALIA: Non è il momento, Finé. Diciamo il rosario ch’è meglio.
GIUSEPPINA: Chi inizia? Io no, perché il Gloria non tanto me lo ricordo. Sapete com’è: son fatta vecchia…
FINELLA: Inizio io. Don Pinù, v’unite a noi?
PINUCCIO: E che dovete fare?
ADDOLORATA: Don Pinù. Il rosario, no?
PINUCCIO (inespressivo). Il rosario… (Le donne tirano fuori le coroncine e si siedono.)
LENA: Io vado un attimo di là. Prendo la coroncina…
ADDOLORATA: Sì, io vado di là a prendere la coroncina e a vedere se Franchino viene. (esce)
GIUSEPPINA: Noi cominciamo… Vai, Finella.
FINELLA: Deo in obitorio meo intenda.
TUTTE: Domin’adiuvandum me festiva.
FINELLA: Pater noster, qui es in coelis, santificatus nome tuum. Venga regnum tuum, fiat voluntàs tua.
TUTTE: Dona nobis hodie il nostrum panem quotidianum et rimette a nobis li debita nostra sicùt remettemus ai debitoribus nostribus. Amen.
FINELLA: Ave Maria, gratia plena…
(Si diffondono nell’aria le note del valzer della ‘Vedova allegra’. Le vecchie dapprima ammutoliscono.)
FINELLA: Ave Maria, gratia plena…
ITALIA (sognante): Cos’è?
FINELLA: La radio di commà Santa…
GIUSEPPINA: La vedova allegra. Uh che bello!
(Il valzer si fa sempre più vorticoso. S’alza prima Finella e balla con don Pinuccio. Poi Italia e Giuseppina iniziano a ballare insieme…)
LENA (da fuori): L’ho trovata…
Panico delle comari.
GIUSEPPINA: Madonna. Torna Lena. Ricominciamo…
FINELLA (con affettato fervore): Ave Maria, gratia plena…
LENA: Eccomi qua…
TONUCCIO (irrompendo con una poco di buono, la ’Mbriaca, al fianco e una bottiglia di vino in mano, palesemente ubriaco): E pure io sto qua…
LA ’MBRIACA (brilla): E pure io sto qua…
LENA: Fuori di casa mia!
TONUCCIO: No no no, Lena. Io non me ne vado!
LENA (a parte): Madonna. Devo affacciarmi al balcone per dire a Checchina di non salire. (esce)
TONUCCIO: Vai pure, Lena, ma non sei ospitale con il padre di tuo nipote. (ride. La ’Mbriaca ride pappagallescamente)
ITALIA: Médònnë, è préienë!
GIUSEPPINA (a Italia, indicando la ‘Mbriaca): Chi, quella?
ITALIA: Ma no, Checchina!
GIUSEPPINA: E quella chi è?
ITALIA: La chiamano la ’Mbriachë. È una donna di malaffare.
GIUSEPPINA (fingendo di capire): Ah. (pausa) E che affari tratta?
ITALIA: Quanto sei svanita!
FINELLA: Ità, lasciala perdere. Ché quella mica di Molfetta è.
GIUSEPPINA: Io vengo dalla marina…
PINUCCIO: Ma voi, giovanotto, chi siete?
TONUCCIO: Il fidanzato della Checchina. O forse dovrei dire… un fidanzato! Ne ha così tanti che ho perso il conto. (La ’Mbriaca ride) Uno è pure frocio. (altra risata)
PINUCCIO: E perché gridavate, prima?
TONUCCIO: Non gridavo… Cantavo. (canta) Viva il vino spumeggiante, nel bicchiere scintillante. (alla ragazza e alle signore) Beh? Non mi fate il coro? Quando vi faccio cenno dovete fare: ‘zum zum’.
LA ’MBRIACA (cantando grave): Zum zum…
TONUCCIO: Viva il vino spumeggiante…
LA ’MBRIACA: Zum zum.
TONUCCIO: Nel bicchiere scintillante…
LA ’MBRIACA: Zum zum.
TONUCCIO: Come il riso dell’amante, mite infonde il giubilo…
LA ’MBRIACA (più accentuato): Zum zum.
TONUCCIO (applaude): Bene! Bravo!
LA ’MBRIACA (c.s.). Bravissimo.
TONUCCIO: Canto bene, vero? Potrei andarci pure io al Piccinni. Proprio come il frocio. E invece non mi vogliono più nemmeno alla società elettrica! (ride. La ’Mbriaca ride) E la mia donna non mi vuole più. Aspetta un figlio mio e non mi vuole più. (ride. La ’Mbriaca ride) Non è buffo? (s’avvicina alle vecchie) Non vi vedo partecipi, signore care. Eppure sono certo che anche voi potreste cantare al Piccinni. (a Giuseppina) Per esempio voi, fate uno ‘zum zum’.
GIUSEPPINA (a Finella): Che faccio?
FINELLA (sottovoce): Assecondalo. È pazzo.
GIUSEPPINA (a Finella): È pazzo? Gesù, Giuseppe e Maria. Allora lo faccio. (poi, con voce da contralto) Zum zum.
TONUCCIO. Sublime. (alla prostituta) Che ne dici?
LA ’MBRIACA: È stato uno zum zum di classe. Corposo. Come una nottata d’Amore tra lenzuola di seta o di lino profumato.
TONUCCIO (a Italia): E voi, Italia? Me lo fate anche voi?
ITALIA (a voce spiegata): Zuuuuum zuuum!
LA ’MBRIACA (con una piroetta): Olé!
TONUCCIO: Zì’talia ha fatto uno zum zum di carattere!
FINELLA (querula): E io a fare zum zum? Non è giusto! Voglio fare zum zum pure io! (urla) Zuuum zuuuum!
LA ’MBRIACA: Erë mégghië ci né’u facévë!
GIUSEPPINA (con intenzione, alle comari): Uh, ma non sarà tardi? Tra poco esce l’Addolorata. (facendo cenno alle comari) Forse è meglio che ce ne andiamo.
ITALIA: Sì sì. Sarà meglio.
FINELLA: Meglio, sì sì (si alzano contemporaneamente).
TONUCCIO (minaccioso, inducendole a sedersi nuovamente): Nessuna se ne va. Ma su, siate gentili. Preferite un (imita la tromba delle processioni) ‘ti teeeee’ a noi?
LA ’MBRIACA: (ride): Tiiiiiiii teeeee! Taaaaaaa! Taaaaaa!
TONUCCIO (urla): Basta (poi scoppia a ridere. Ridono anche le vecchie. Pinuccio fa una smorfia)
LA ’MBRIACA: Ho voglia di un po’ di musica.
TONUCCIO: Ih! E là sta la radio.
LA ’MBRIACA: Voglio una bella canzonetta. (accende la radio. Trasmettono la canzone ‘Dammi un bacio e ti dico di sì’) Bellissima! (canticchia) Dammi un bacio e ti dico di sì, in Amor si comincia così… (invita Finella a ballare. Iniziano un ballo sempre più vorticoso. Tonuccio s’avvicina nervoso alla porta. Ad un tratto la ’Mbriaca inizia a ridere e a girare su se stessa) Devo aver bevuto troppo. Ho la testa che mi gira e gira e gira (ride).
LA ’MBRIACA (a Pinuccio): Dov’è il…? (scoppia a ridere) Sto per vomitare.
PINUCCIO: Oh, vi accompagno. (Pinuccio e la ’Mbriaca escono)
LENA (da fuori, entra): Non si vede ancora tornare Checchina. (s’affaccia alla finestra sulla scena, la vede, urla) Checchina. Checchina, scappa!
TONUCCIO (le tappa la bocca): Sta’ zitta! Sta’ zitta! (la musica continua su questa situazione. Alle vecchie) E voi non parlate o la butto giù dalla finestra.
GIUSEPPINA. Misericordia.
CHECCHINA (sale con Lia e Lora): Mamma, m’hanno detto che Tonuccio… (silenzio) Tu qui?
TONUCCIO: Io qui!
LIA (spaventata): Checchina, non t’avvicinare. È pazzo.
CHECCHINA (a Tonuccio): Lascia andare mia madre!
TONUCCIO (esegue)
LENA (urla): Checchina, scappa!
TONUCCIO (idem): Sta’ zitta!
CHECCHINA: Hai bevuto, eh? Come al solito!
TONUCCIO (ride): È per questo che m’hai mollato? O perché non sono abbastanza ricco!
CHECCHINA: Non meriti nemmeno una risposta!
TONUCCIO: No! Tu me la devi, una risposta! Me la devi, perché aspetti mio figlio!
CHECCHINA: Tonuccio, torna a casa. È meglio.
TONUCCIO (urla): No. Non ci torno a casa.
CHECCHINA. Tonuccio, ti stai rendendo ridicolo!
TONUCCIO: Ridicolo, ridicolo! Io non posso vivere senza di te. (implorante) Checchina, ti prego non lasciarmi. Non lasciarmi.
CHECCHINA: È tardi.
TONUCCIO: Checchina, sono un uomo finito. Non ho un lavoro, non ho te, non ho più niente.
CHECCHINA: Mi dispiace per te.
TONUCCIO: Ti dispiace? Ti dispiace? Solo questo sai dire? Malafemmina!
CHECCHINA: Va’ a casa, Tonuccio. Ti prego, dammi retta.
TONUCCIO (piangendo): Dimmi che mi ami… Dimmelo. Dimmelo.
CHECCHINA: No, Tonuccio. Non ti amo più.
TONUCCIO (paonazzo): Non puoi lasciarmi. Non te lo permetterò.
LIA: Checchina, scappa.
CHECCHINA: No, questa è casa mia.
TONUCCIO (livido): Per l’ultima volta, infame. Vieni con me. Tu m’appartieni.
CHECCHINA (con rabbia): No, io sono libera! Libera!
TONUCCIO (estrae un coltello. Un mormorio di terrrore)
LIA: Uh, Gesù.
LENA (terrorizzata): Lia, corri!! Va’ a cercare aiuto!
LIA (esce di corsa)
TONUCCIO: Allora, torni con me?
CHECCHINA: No!
RUDY (entra di corsa, seguito da Lia): Che succede?
TONUCCIO. Eccolo, il frocio. È venuto a prenderti? Te ne andrai con lui?
CHECCHINA: Di certo con te non ci vengo!
LA ’MBRIACA (entra ridendo e, con Pinuccio, canta): Dammi un bacio e ti dico di sì, in Amor si comincia così… (i due vedono la situazione. Le parole si troncano di botto.)
TONUCCIO (s’avventa contro Checchina): Sfénziatë!
RUDY (Urla): Nooooooooo! (si frappone)
Tra i due scoppia una lite furibonda. Rudy sembra avere la peggio. Musica della “Canzone arrabbiata”.
Sulla lotta si chiude il SIPARIO
III ATTO.
Musica di ‘Era de maggio’. Casa di Lena. Lena, Lia, le comari, don Pinuccio e Addolorata. AL lato Checchina, Vincenzino e Rudy che viene medicato.
LENA: Mamma mia. Chi ce lo doveva dire che dovevamo passare un’Addolorata così?
ADDOLORATA: Tutta colpa di quel Tonuccio. Un poco di buono. Un avanzo di galera.
PINUCCIO: Bel tipo quello lì! Un prepotente. Meno male che c’ero io che con due cazzotti l’ho steso a terra…
ITALIA: Sicuro, don Pinù. Meno male che c’eravate voi.
FINELLA: Cantavate molto bene ‘Dammi un bacio e ti dico di sì’ con la ’Mbriaca. Sembravate un divo del varietà. (ridono)
GIUSEPPINA: Don Pinù, quello è stato Rodolfo che l’ha salvato.
ITALIA (allusiva): In compenso è arrivato Vincenzino…
GIUSEPPINA: Eh sì, è arrivato Vincenzino. (al pubblico, svanita) E mo’?
FINELLA: L’arrivo di mio figlio Vincenzino è importante assai assai.
LENA: Scusate, eh, ma, con rispetto parlando, a me di Vincenzino non me ne importa proprio niente.
PINUCCIO: Ménghë a méchë.
LENA: Quanto a Tonuccio, mo’ che torna Benito lo sistemerà lui…
ITALIA: Ma torna poi, don Benito?
ADDOLORATA: perché non dovrebbe tornare?
LENA: Già, signore. Perché non dovrebbe tornare?
ITALIA: Dicevo così perché sono le quattro e un quarto e non si vede.
LENA: Prima delle cinque sarà qui.
ADDOLORATA: Sicuro. Benito non perde mai questa processione. Benito è devoto alla Madonna. L’ha salvato da piccolo.
PINUCCIO: Ti sbagli! E Lena quella ch’è stata salvata dalla Madonna!
ADDOLORATA: Don Pinuccio, vi siete istupidito!
LENA (fa per medicare Rudy. Lui si divincola): E lasciatemi fare.
RUDY: Non lo voglio il vostro aiuto. Così come non voglio il vostro sedano.
LENA: Voi avete salvato mia figlia. Forse ora senza di voi sarebbe morta.
CHECCHINA: Mamma, permetti? Vorrei farlo io.
LENA: No, Lena, è compito mio. A questo ragazzo devo delle scuse. Perché non resta a mangiare da noi? (dolce) Il sedano però l’ho finito.
RUDY (sorride)
LENA: Ah, vede che l’ho fatta ridere, adesso? Allora non è più arrabbiato con me.
RUDY: Un po’…
LENA: Ne ha il diritto. Sono stata cafona. Ma avevo mille pensieri per la testa.
PINUCCIO (alle signore): Questo giovanotto è la figlia di Lisetta… (le donne ridono)
RUDY (sorride): Sissignore, la figlia…
LENA: Signore, perché non andate un momento di là? Lia, fagli vedere il vestito che m’ha mandato Nito dall’Argentina.
LIA: Quale? Quello elegante per la fiera?
LENA: Sì sì. Quello a fiori.
LIA (alle donne): Venite con me.
GIUSEPPINA: Noi veniamo, ma poi Vincenzino vi deve dire una cosa.
LENA: E poi lo sentiamo a Vincenzino! (escono.)
CHECCHINA (si siede ai piedi di Rudy): Mamma. Perché non vai a prendere dell’altro disinfettante? Vincenzino, vai pure tu. (I due escono. Lei, a Rudy) E così fate l’attore?
RUDY: L’attore? È una cosa grossa a dirlo così! Ho recitato in qualche spettacolo al Piccinni, ma sempre parti piccole.
CHECCHINA: Io vado sempre al cinematografo. Mo’ mo’ all’Apollo ho visto quel film, come si chiama? Quello della guerra…
RUDY: Roma, città aperta?
CHECCHINA: Sì. Com’è brava quell’attrice. Anna Magnani. Ha tanto cuore. Faceva la parte d’una donna incinta… (arrossisce) Sapete. Le amiche mie mi dicono che ho una bella voce e un bel portamento e che potrei fare teatro…
RUDY: Perché no…
CHECCHINA: No, sono solo sogni. Presto avrò un bambino da crescere. E anche se questo figlio mio non avrà un padre, voglio che non gli deve mancare niente. (sorride) Sapete, vorrei chiamarlo come voi…
RUDY: Come me? Sarebbe un grande onore…
CHECCHINA: No, lo sarebbe per me… Mi siete stato subito simpatico. La gente diceva di non frequentarvi e pure mia madre…
RUDY: Lo so. Non ho molti amici…
CHECCHINA: Avete me. La prima volta che ci siamo incontrati, voi stavate entrando nel portone. M’avete vista e m’avete aspettato. Poi, m’avete tenuto la porta, m’avete sorriso e avete detto: ‘prego, signorina’. Nessuno era mai stato tanto gentile con me. È stato in quel momento che ho pensato che non mi sarei lasciata picchiare più da Tonuccio. Lui non è cattivo, ma ha sempre scaricato la sua rabbia su di me. Quando l’hanno licenziato, m’ha trattata come fossi un cane. Quando ho saputo che ero rimasta incinta, mi son sentita morire. Sapete come chiamano tutti mia madre. Lenë Lenë, senza meraitë, s’acchì préienë. Tutti penseranno, mi sono detta: ‘È naturale! È figlia di quella mamma’. Già immaginavo gli sguardi puntati su di me, il dolore di nonna Lora. Lo stesso dolore che provò quando a mia madre crebbe il ventre e tutti sapevano che il colpevole era mio padre.
RUDY: Lo stesso dolore che aveva la mia quando le comari le dicevano: ‘Tuo figlio è quella cosa là. Tuo figlio è quella cosa là. Trovagli una buona giovane che se lo sposa o caccialo via. Caccialo via.’ Ma lei non fece né l’una né l’altra cosa. Quante volte l’ho scoperta a piangere da sola, in cucina. E non potevo far nulla per consolarla. In certi momenti, avrei voluto non esser mai nato.
Ma non desiderate che il vostro bambino non nasca, Checchina. Prima di morire, mia madre m’ha detto una cosa che m’ha fatto venire le lacrime agli occhi. M’ha detto: ‘Rodolfo, tu sei stato il più grande dono che m’ha fatto la Madonna. Il più grande.’ Io, il figlio che le aveva spezzato il cuore. Io, quello ch’era sulla bocca di tutti. Non desiderate che il vostro bambino non nasca, no. Non fatelo…
CHECCHINA: Come potrei? In un primo momento, sì, lo ammetto. (Lena rientra e si ferma ad ascoltare) Poi, però, ho pensato che questo bambino io lo volevo. Che forse era l’unica cosa buona che la Checchina aveva fatto in tutta la vita sua. E ho capito che lo dovevo proteggere da Tonuccio. Che non sarebbe stato un buon padre per questa creatura.
LENA: Ne dovrai mangiare di pane duro, figlia mia. Ci aspettano tempi neri…
PINUCCIO (entrando nel discorso): Rodolfo, t’ho mai raccontato che tua mamma Lisetta fece da testimone alle mie nozze con la Pasqualina?
LENA (tra sé e sé): Ricominciamo…
RUDY: Sì, mia madre me l’aveva detto. E m’aveva detto che il velo della signora Pasqualina se ne volò via…
PINUCCIO: Eh sì, perché… érë la dàië dë Sèndë Stéfënë e chioevëvë e chioevëvë.
RUDY: Sposa bagnata, sposa fortunata…
PINUCCIO: È vero. Il mio matrimonio è stato tanto felice. Ho avuto tre figli… (si corregge) Due figlie, Lena e Mina. Lena l’ha salvata la Madonna. Aveva preso la meningite.
LENA: Ma babbo…
CHECCHINA: E lascialo dire! Non capisci che ormai i ricordi sono la sola cosa che gli resta.
PINUCCIO (senza ascoltarle): Eh sì, perché la Pasqualina era tanto devota alla Madonna. E l’Addolorata esaudì le preghiere sue e salvò mio figlio… cioè, mia figlia…
LENA: Babbo, al signor Rodolfo questi discorsi non interessano…
RUDY: Oh no signora Lena. Io non ho mai avuto né un nonno né un padre, visto che il mio babbo era sempre fuori in barca. Mi fa piacere…
CHECCHINA: Anche a me fa piacere riascoltarli..
LENA: Contenti voi…
PINUCCIO: Il giorno che mi sposai, avevo detto a Pasqualina: ‘Se non arrivi puntuale, non ti sposo più’. Tanta era la paura che arrivò precisa alle nove. E siccome a Molfetta le spose fanno sempre almeno tre quarti d’ora di ritardo, non c’era né il prete né l’organista. Ci sposammo in Cattedrale. Il prete lo mandammo a chiamare e l’organo lo suonò mia sorella più piccola che andava a studiare da un prete che sapeva la musica…
RUDY: Insomma, un matrimonio avventuroso…
PINUCCIO: E pioveva, pioveva. érë la dàië dë Sèndë Stéfënë e chioevëvë e chioevëvë (Era il giorno di Santo Stefano e pioveva, pioveva). Dopo un anno nacque Lena e poi… Mina. (bussano alla porta. Lena apre. Musica di ‘Faccetta nera’. È Franchino il fascista con la figlia Nunzia e il tenente Wilson, il marito.)
PINUCCIO: Franchino il fascista qui, in casa mia? Vattene subito, intruso!
FRANCHINO (a Lena): Nuora, per piacere fallo stare zitto, a quel rimbambito. E fammi venire Lora, mia moglie, ch’è tornata Nunziatina dall’America col marito.
LENA: Vado vado… Ciao, Nunziatina.
NUNZIATINA (con albagia e affettato accento americano): Per te, Mrs Wilson.
WILSON: Good afternoon, Lena.
LENA (a Nunziatina): Di’ a quel coso che sono Mrs. Maddalena.
NUNZIATINA: Quel coso si chiama John…
LENA: Sempre un coso rimane…
WILSON (non capendo): What?
NUNZIATINA: Niente caro, dormi… Dormi ch’è meglio…
PINUCCIO (A Franchino): Insomma. Tu ancora in questa casa stai?
FRANCHINO: Ué, Pinù, non mi far agitare, se no ti deferisco al partito.
PINUCCIO: Ué, risvegliati. Il tuo partito è fuori legge da anni. Kaputt!
FRANCHINO: Chi è fuori legge?
PINUCCIO. Il tuo partito!
FRANCHINO: E chi l’ha detto?
PINUCCIO: Lo dico io! Mo’ son secoli che Mussolini è morto.
FRANCHINO: È morto? Tu davvero dici?
PINUCCIO: Sicuro ch’è morto! C’è stata la Liberazione!
FRANCHINO: Ah, ma il duce è sempre vivo nei nostri cuori.
PINUCCIO: Ma vatti a ricoverare, che non ci stai col cervello…
FRANCHINO: Tu mio fratello? Neanche se fossi morto ti chiamerei fratello! Chi ha mai mangiato insieme a te?
PINUCCIO: E perché? Chi ha detto che sei mio fratello? Dio guardi.
NUNZIATINA: Ma la mamma quando arriva?
FRANCHINO: E ce saccië!
WILSON: Darling, what is ce saccië?
NUNZIATINA (saccente): Ce saccië is I don’t no (n.d.a. know)…
PINUCCIO (A Franchino): Che ha detto?
FRANCHINO: Ma come? Non capisci l’americano?
PINUCCIO: No. Fammi una traduzione.
FRANCHINO. E che ne so? Io ho studiato l’inglese.
PINUCCIO: E non è la stessa cosa?
NUNZIATINA: Ma nient’affatto. Che ignoranza. (bussano. Entra Mina con Federico. È trafelata e corre verso Nunziatina e l’abbraccia.)
MINA (agitata): Oh, Checchina, nipote mia. Come stai? Che t’hanno fatto? Di’ alla zia!
NUNZIATINA (stronzaccia): Oh, Mina cara. Chi si rivede. O meglio io ti rivedo, tu no. Visto che non sono Checchina ma… (con spiccata e accentuata cadenza molfettese) Nunziatina…
MINA (sconvolta): Nunziatina la figlia di Franchino il fascista?
NUNZIATINA: precisamente.
MINA (si stacca): Manteniamo le distanze, allora. (momento di gelo)
FRANCHINO: Beh, non parla nessuno qua?
PINUCCIO: Se devi parlare tu è preferibile il silenzio!
NUNZIATINA: Allora parlo io!
MINA: Federico, caro. Di’ ciao alla Nunziatina come sai fare tu.
FEDERICO (fa una pernacchia)
NUNZIATINA: Oh, disdicevole! Che mancanza di rispetto anche per John!
MINA: Ah, cur nén à capàietë. È américhénë!
WILSON: Molto pittoresco.
MINA. Grazie.
NUNZIATINA: Vedo che non sei cambiata affatto, Mina cara. Sei sempre la solita cafona. E stai educando così anche quella piccola peste di tuo nipote.
FEDERICO: Io non sono una peste. Ecco.
MINA: Non ti permettere di dire così a mio nipote. E poi non è una piccola peste. (ci pensa) è una grande peste.
FEDERICO: Ma zia…
MINA: Io posso dirlo. Sono la zia. Ma questa qua non può dirlo. Non v’è alcun legame di parentela tra Franchino il fascista e Minguccio l’usciere.
NUNZIATINA: Ehi bella. Io non mi chiamo questa qua. Ho un nome alquanto specifico.
MINA: Sicuro. (con disprezzo) Nunziatina. Annunziata. Nunciazione! Un nome più pacchiano quel grand’uomo di tuo padre non te lo poteva mettere.
FRANCHINO: Chi fa il mio nome?
MINA e NUNZIATINA: Zitto!
NUNZIATINA: E poi vogliamo parlare del tuo nome? Di solito quelle che si fanno chiamare Mina si chiamano Cosima o, come nel tuo caso… Maria Girolama.
FEDERICO: Ripugnante.
MINA: Zitti. Girolamo è un nome onorato. Lo portava mio nonno ed era un gran faticatore.
NUNZIATINA (sarcastica): Sicuro. Girolmino lo spazzino. Uomo di cultura davvero.
MINA: Ehi, cara. Ti ricordo che tuo nonno andava a pulire i cessi alla stazione.
WILSON: Cesso? Cosa essere questo che pulire tuo nonno?
NUNZIATINA: Oh, caro. Cesso essere ‘a palace of a king’. Il palazzo d’un re.
FRANCHINO: Ah. Il palazzo del re si può chiamare anche cesso. Non lo sapevo.
PINUCCIO: È che tu non capisci niente…
FEDERICO: Zia zia. Ora so l’inglese anche io. La reggia si dice ‘cesso’.
ADDOLORATA (entrando scalza, con Lora, al suo fianco, che ha in mano una busta, contenente le scarpe): Nunziatina cara. Ti vedo benissimo.
NUNZIATINA: Vieni qua, mammà! (s’abbracciano)
ADDOLORATA (a Wilson): Good giorn, John.
WILSON: Hi, Lora. I want to go to your house.
ADDOLORATA: Iàusë?
NUNZIATINA: Non iàusë. Casa, mamma. House vuol dire casa.
ADDOLORATA: Ah, sei molto gentile, John. Denghiu. Denghiu barbecue.
WILSON: Your house is come… (fa una pausa per ricordare la parola) cesso!
ADDOLORATA (furibonda): Che hai detto? Fuori di qui! Via! Andatevene tutti e due! Ingrati!
NUNZIATINA: No, mamma. C’è un equivoco. Un equivoco linguistico.
WILSON: No, io volevo dire che è come ‘a palace of a king’ (non pronunciando la g)…
ADDOLORATA (ancora più infuriata): Cosa sono questi termini osceni? A me?
NUNZIATINA. Voleva dire ch’è come una reggia!
ADDOLORATA: Ah, andiamo meglio, ma quest’americano non tanto mi convince.
MINA: Visto che la compagnia è quella che è, mo’ me ne vado e torno più tardi.
PINUCCIO: Magari potessi farlo io…
NUNZIATINA: Arrivederci, Girolama!
MINA: A mai più, Annunziazione!
FEDERICO (a Lora): Goodbye, Mutanda strazzata! (escono)
FRANCHINO (alla moglie): Lora, io me ne vado al Purgatorio, dove i miei amici aspettano la Madonna. Ciao, Nunziatì (Nunziatina fa un cenno di saluto).
LENA (entrando, preoccupata): Benito ancora non arriva…
FINELLA (entrando di colpo, seguita dalle altre): Lena, ti dobbiamo dire una cosa.
ITALIA: Non si può più rimandare.
GIUSEPPINA: Forse è meglio che ti siedi…
LENA: Sedermi? Ma che accidenti?
ADDOLORATA: Beh, io vado alla processione. È tardi. Forse Benito sarà già lì…
LENA: Ve la fate scalza come ogni anno? Forse dovreste riguardarvi di più…
ADDOLORATA: Io sono sanissima. E poi non credo proprio che t’interesserebbe se crepo. E francamente la cosa è reciproca. Lora ce la porto io al Purgatorio.
LORA: Andiamo, nonna?
ADDOLORATA: Sì, andiamo. Se no l’Addolorata si dispiace. E noi dobbiamo molto alla Madonnina. Senza di lei tu non saresti nata.
LENA: Anche senza Lena…
ADDOLORATA S: Lora sarebbe nata comunque. Lora è come Benito e come Franchino, Lora. Sarebbe nata anche senza te…
NUNZIATINA: Ben detto, ma’…
ITALIA: Forse è opportuno che tu non te ne vada, Addolorà. Ma la bambina, portatela di là. Lia, per piacere… (Rudy e Checchina rientrano)
LENA: La bambina di là? No, in questa casa non ci sono segreti.
ITALIA: Vabbé, come non detto.
FINELLA: Vincenzino ha iniziato a lavorare a Buenos Aires (gelo).
LENA: A Buenos Aires? E ha visto Nito? E cosa è successo? Mio marito sta male? Per questo non arriva?
VINCENZINO: A Buenos Aires facevo l’Amore con una ragazza…
LENA: E allora?
VINCENZINO: Si chiama Francesca…
LENA: Italiana pure lei?
VINCENZINO: La mamma è argentina, ma il babbo…
LENA: Il babbo?
VINCENZINO: Francesca tiene una sorella che si chiama…
LENA: Che si chiama?
VINCENZINO: Lora…
LENA (inespressiva): Lora…
VINCENZINO: Ci siamo frequentati…
LENA: Beh, mi fa piacere! Ma che c’entra tutto questo con me? Niente…
GIUSEPPINA: Molto…
LENA: Molto?
FINELLA: Continua, Vincenzì…
LENA (si porta la mano alle tempie): Ho mal di testa. Mi fa male la testa. Voglio rimanere sola. Andatevene tutti via…
ITALIA: Ma devi ascoltare…
LENA: Qui non c’è nulla da ascoltare. Vincenzino fa l’amore con un’italiana. Va bene. E con questo?
VINCENZINO: Ho conosciuto il padre…
LENA: E allora?
VINCENZINO: È molfettese…
LENA: E quindi?
FINELLA: Ma non capisci. È molfettese, ha due figlie che si chiamano Checchina e Addolorata. Ed è Benito…
CHECCHINA (lancia un urlo. Intermezzo di Cavalleria rusticana, in sottofondo): Nooooooooo! (Lia la stringe. Checchina scoppia in lacrime. Tutti restano impietriti. Lena rimane basita. Addolorata s. pure. Idem Nunziatina e gli altri. Nel silenzio, s’ode una voce dall’esterno)
BENITO: Lena, Lena! Sono arrivato. Ho avuto un po’ di problemi ma sono qui. Lena… (entra) Oh, e che è? La processione s’è spostata qui?
LENA (fredda): Buongiorno a Vossignoria…
BENITO: Che silenzio. (Checchina singhiozza) Checchì, perché piangi, bella di papà? Oh, e là sta Lora con mammà. Mammà, sempre scalza a seguire la processione? Eh già, la Madonna ci ha fatto quella bella grazia…
ADDOLORATA (inespressiva): La grazië…
BENITO: Ma è morto qualcuno?
PINUCCIO: Sì. La signora Lisetta e qua sta la figlia.
BENITO (vede Rudy): Cosa ci fai tu qui in casa mia? Questo è un luogo rispettabile…
LENA (Con aria di sfida): Dici?
BENITO: Chi l’ha fatto entrare? Cos’è? Quando il gatto manca, i topi ballano?
RUDY: S’è fatta l’ora d’andare…
LENA (perentoria): Nessuno esce da questa stanza…
BENITO: Matalè, sei impazzita? Tra meno di un quarto d’ora esce la Madonna.
LENA: Sicuro, la Madonna. È per lei che torni ogni anno da Buenos Aires il giorno dell’Addolorata…
BENITO: Per lei soltanto? No, per te, per Lora e Checchina, per mamma…
LENA: Addolorata e Checchina. Curioso quanto i molfettesi abbiano il senso della tradizione. Sono nomi che uno crederebbe di trovare solo a Molfetta e invece no… Li senti in America, in Argentina, a Buenos Aires, persino…
BENITO: Sono nomi diffusi…
LENA: Sicuro. Come la fedeltà tra gli uomini.
BENITO: È strana oggi la mia Lena, non è vero? Cos’è; sei arrabbiata perché sono arrivato tardi? Ah, (le s’avvicina, malandrino) ma mi farò perdonare…
LENA (secca): Non t’azzardare a toccarmi.
BENITO: Come ti permetti? Ti ricordo che sei mia moglie.
LENA: Una delle tante.
BENITO: Cosa?
LENA: Vincenzino lavora a Buenos Aires.
BENITO: E allora? Vincenzino lavora a Buenos Aires.
LENA: Lo conosci a Vincenzino, no?
BENITO. Sicuro. Gli son stato compare.
LENA: E tu, Vincenzino, lo conosci a Benito?
VINCENZINO: Mi è stato compare!
CHECCHINA (esasperata): Oh! Basta con questa commedia? (con rabbia) Papà, come hai potuto?
BENITO: Ma come hai potuto cosa?
LENA (furibonda): Come hai potuto cosa? Come hai potuto cosa? E hai la faccia di chiederlo? Non lo sai già bene da te cosa fai in Argentina?
BENITO (alle donne): Signore, forse fareste meglio ad andare. L’Addolorata esce tra meno di dieci minuti (le signore fanno per andar via).
LENA (perentoria): Nessuno si muove di qui! Nessuno si muove di qui!
BENITO: Zitta, Lena. Non vorrai farmi una scenata?
LENA (ringhiosa): Perché? Hai paura di quello che possono pensare? Io no. Son stata già riempita di calunnie mille volte. Lenë Lenë, senza meraitë, s’acchì préienë. Questo dice la gente. Io sono la strega che t’ha incastrato, che t’ha rovinato. Tu, Benito il sant’uomo. Benito il faticatore.
BENITO: Non usare questo tono con me!
LENA: Ha visto signora Addolorata che campione il suo figliuolo? Gli chieda quante mogli ha? Me, quella di Buenos Aires e quante altre? E quante altre Lore e Checchine hai sparso per il mondo? Eh, Benito. Quante? Rispondi. Almeno dimmi se te la sei sposata, quella puttana.
BENITO: Quella puttana si chiama Norita ed è una donna onesta!
LENA: Una donna onesta? Una che ruba l’uomo ad un’altra e ci fa due figlie? O forse non lo sa la tua argentina che hai una moglie a Molfetta? Sicuro, le avrai raccontato tutto di te, persino che t’ha graziato la Madonna, ma questo scommetto che non gliel’hai detto…
BENITO. Ero tanto solo a Buenos Aires…
LENA: Poverino, ti prudeva il guanciale…
BENITO: Se non fosse stato per mantenere te e le tue figlie a Buenos Aires non ci sarei andato mai.
LENA: Tu non m’hai sposata per Amore.
BENITO: Che dici, Lena? Io t’amavo…
LENA: No. Solo che non eri abbastanza uomo per dirmi d’andarmi a guastare…
BENITO: Non ero uomo? Non ero uomo? Io mi sono accollato una figlia a diciotto anni.
LENA (applaude): Bravo! Bravo! Complimenti! Si vede come te la sei accollata! Un padre assente; ecco quello che sei stato!
BENITO: Solo perché lavoravo in Argentina.
LENA: Ah sì? Eh già, tu senti l’esigenza di tornare solo per ringraziare la Madonna d’aver salvato la vita a quel campione che sei! Solo questo ti lega a questa città! Non una moglie, non due figlie, ma una processione. Solo una benedetta processione!
BENITO: Tu bestemmi!
LENA: E lasciami bestemmiare! Sono più di sedici anni che stringo i denti e prego Dio di darmi la forza di andare avanti. E se l’ho fatto è stato solo perché credevo in questa famiglia, perché credevo in te. Ma era tutto una farsa. Sei un uomo da niente, Nito.
BENITO: Non parlare così a tuo marito!
LENA: Perché? Sei stato un marito? Sei stato un padre? Ma non farmi ridere!
BENITO: I soldi non vi sono mai mancati!
LENA: I soldi? E tu, Nito, dov’eri? Dov’eri? Con la tua moglie argentina? E scommetto che è anche bella! Niente a che vedere con me… Quanti vestiti rossi a fiori le hai regalato, eh? Quanti come quello che m’hai mandato per la fiera? Magari ogni vestito, ogni scialletto, ogni anellino che m’hai dato, lei ce l’ha uguale in Argentina. E magari pure più bello! E non hai avuto rispetto nemmeno delle tue figlie. Quelle due bambine potevi chiamarle in qualsiasi modo, ma non così. Checchina e Lora come questi due angeli. Angeli, sì. Perché queste due ragazze un padre non l’hanno mai avuto ma sono cresciute sane, sane e belle. E il merito è tutto di Lena Le’, signora Lora. Di Lena Le’. Perché quella piccina di Lora terrà pure gli occhi di Franchino il fascista (piange), ma il cuore… il cuore è quello di Lena Lè, signò. Perché Lena l’ha cresciuta. Lena l’è stata accanto quando ha mosso i primi passi, quando aveva la febbre alta l’ha vegliata. Non le ha salvate la Madonna Addolorata, nossignore. Le ha salvate l’Amore di Lena. (Addolorata s. scoppia a ridere in maniera scomposta. Tutti si voltano verso di lei.)
ADDOLORATA: Povera illusa. Credevi che t’avesse sposata per Amore? Invece no. Invece no. Questa ne è la prova. Questa. Andiamo, Lora. Andiamo alla processione.
BENITO: Mamma, aspetta. Tu mi capisci, vero?
ADDOLORATA: Posso anche capirti, ma non ti perdono. Per anni ho creduto che tu fossi solo una vittima di questa donna e invece te la spassavi con un’altra in Argentina. E bravo Benito. Complimenti a Benito. E io che vedevo queste due figliuole crescere e speravo dentro me che potessero diventare come il loro padre, un uomo onesto e lavoratore. E ho odiato questa donna perché t’aveva rovinato e non è cambiato nulla, se non che ora disprezzo pure te. Perché un padre di famiglia queste cose non le fa. Perché un uomo vero queste cose non le fa. Quante notti ho ringraziato la Madonna per averti salvato la vita. Quante processioni ho camminato scalza per la devozione che avevo. Ma mi sbagliavo. Il mio Nito è morto di meningite a sette anni. Te non ti conosco. (alla bambina) Andiamo Lora, tra un po’ suoneranno il ‘Dolor’.
BENITO: Mémmè…
ADDOLORATA (sulla porta, alla bimba): E dammi queste scarpe…
LORA: Sì, nonna.
ADDOLORATA (se le infila e a tutti, prima d’uscire): Tengo i calli sotto i piedi (via, seguita da Italia, Finella, Giuseppina, Vincenzino e dagli americani. Musica della Canzone arrabbiata).
BENITO: Checchina, almeno tu…
CHECCHINA: Fatti consolare da quella di Buenos Aires… (A Rudy) Rodolfo, ci venite con me alla processione?
RUDY: Sì, vengo via. È meglio…
CHECCHINA: Nonno?
PINUCCIO: Vengo, Pasqualina…
BENITO. Ma, Pinù. Non si chiama Pasqualina.
CHECCHINA: Per lui sono felice di essere Pasqualina. Ma per te… non sono più niente… (fanno per uscire)
PINUCCIO (si ferma d’improvviso a guardare la foto di Luigino): Lena Lè…
LENA (ricacciando indietro le lacrime): Sì?
PINUCCIO: Io avevo un altro figlio, lo sai? Si chiamava Luigino. Era un ragazzo allegro, è vero?
LENA: È vero. Era una ragazzo allegro…
PINUCCIO: Il Duce me l’ha portato via, è vero?
LENA: Sì, il Duce…
PINUCCIO: Mi ricordo che aveva dei bellissimi riccioli neri e cantava sempre quella canzone, come faceva?
LENA: Dorme Amore ed il sol tramonta gia…
PINUCCIO (continuando a cantare):.. Din don din don din don, chi mai lo desterà… (si ferma) Sai, non me lo ricordavo più quel figlio mio. Non me lo ricordavo più. Ricordo solo che quando mi dissero ch’era morto in Russia, io imprecai contro la Madonna, perché… perché il figlio di Franchino il fascista l’aveva salvato, ma… ma il mio no. Il mio no (piange).
CHECCHINA: Su, nonno. Vieni fuori con noi.
RUDY. Sì, così ci racconterete altre storie.
PINUCCIO: Grazie. (con un filo di voce, a Rudy) Tu sei la figlia di Lisetta, vero?
RUDY (ride): Sì, sono la figlia di Lisetta. (ride anche Checchina. Escono, sulle note della Canzone arrabbiata, suonata lentamente. Restano Benito e Lena)
BENITO: Siamo soli. Possiamo parlare.
LENA: È tardi. (note del ‘Dolor’ si diffondono nell’aria) Senti? Suonano il ‘Dolor’.
BENITO: Lena Lè. Dimmi che non è finita. Dimmi che mi vuoi ancora.
LENA (fredda): È tardi. Va’. Passa l’Addolorata.
BENITO: Ma io ti voglio bene.
LENA (c.s.): Passa l’Addolorata.
BENITO: Io cambierò…
LENA (più forte): Passa l’Addolorata. (piangendo) Passa l’Addolorata. Vattene. Vattene. Vattinnë! (si siede; riacquista la calma) Va’ alla tua processione. (Benito esce. Lena scoppia in lacrime. Le note del ‘Dolor’ si fanno sempre più vicine. Lena ha un gesto di stizza e si toglie il velo dal capo con violenza e lo strappa. Si leva una folata di vento. Dall’esterno s’odono urla sempre più forti. Poi…)
URLA FEMMINILI DALL’ESTERNO (terrorizzate): S’ha strazzatë u velë à la Medonnë! S’ha strazzatë u velë à la Medonnë! Sciagura su Molfetta!
CHECCHINA (rientrando, il Dolor resta in sottofondo per tutta la scena): Mamma…
LENA (alzandosi): Perché sei tornata?
CHECCHINA: Non potevo lasciarti sola. Non potevo. (silenzio) Fuori s’è fatto scuro. Tra un po’ scoppierà un temporale.
LENA: Come quello che c’è stato in questa casa?
CHECCHINA (annuisce)
LENA: Chissà se m’ha amata almeno un istante. (silenzio)
CHECCHINA: Nessuno conosce il mistero del dolore. Per questo ci votiamo alla Madonna Addolorata. Non perché ci risparmi la sofferenza, ma perché ci aiuti a sopportarla. (ride)
LENA: Che c’è?
CHECCHINA: Il mio piccino si muove. Posso sentirlo.
LENA: Il figlio di Tonuccio.
CHECCHINA: Il figlio di Checchina. (pausa)
LENA: Hai ragione, Checchì. E sai che ti dico? Andiamo alla processione. Dobbiamo ringraziare l’Addolorata. Sì, perché oggi… la Madonna… ci ha fatto la grazia.
SIPARIO