Pensel


Recensione a Z. Gallo, Pensel, Florestano, Bari 2022, Euro 15.

Il romanzo Pensel di Zaccaria Gallo rappresenta una felice combinazione di storia e invenzione. In un ritmo vertiginoso le alchimie del caso inducono le strade di individui apparentemente distanti a intersecarsi e condizionarsi in maniera decisiva.

L’opera affonda le radici in due eventi storici: la congiura realista antinapoleonica detta della “machine infernale”, che sfociò nell’attentato della rue Saint-Nicaise a Parigi alla vigilia di Natale del 1800, e la strage del Bataclan, sala da spettacolo parigina in cui, il 13 novembre 2015, novanta persone hanno perso la vita in un attentato dell’ISIS durante il concerto delle Eagles of Death Metal.

Qui l’intuizione di Zaccaria Gallo. Egli muove da un dato storico: la tragica morte della dodicenne Marianne Peusol, nel romanzo chiamata Pensel, coinvolta da Pierre Robinault de Saint-Régeant per mantenere le redini della giumenta legata alla macchina infernale e rimasta uccisa nel corso degli eventi. Inutile dire che l’attentato fallì e Napoleone ne uscì incolume, ma non i malcapitati passanti coinvolti nell’esplosione. A questo elemento Gallo va a connettere gli eventi del 2015, collocando sullo scenario del Bataclan una Pensel, discendente della bambina omonima. La ragazza, diversamente dall’antenata, riesce a sfuggire alla morte e si rifugia in un portone disserrato, nel quale viene soccorsa in stato di choc da un giovane studioso italiano, Francesco, che si sta recando a trovare uno scontroso professore suo amico, Jean Pierre. Francesco porterà la ragazza in casa dell’uomo: quest’ultimo dapprima è infastidito dalla presenza femminile che invade i suoi spazi inopinatamente; quando però viene a conoscenza del nome della ragazza e intuisce la sua origine, rievocherà con lei gli eventi storici per i quali egli, discendente del Robinault de Saint-Réagent, non era mai stato in grado di liberarsi d’un atavico senso di colpa.

Il romanzo ha una struttura complessa, in un costante susseguirsi di piani temporali differenti. Il passato, ora rivissuto in prima persona dai protagonisti (Napoleone, gli attentatori – soprattutto Saint-Régeant e Limoëlan-Limolean – e il capo della polizia Fouché) ora rievocato secondo la prospettiva di Jean Pierre, riemerge in tutta la sua ambiguità, il suo orrore. Riaffiora peraltro l’intreccio di ragioni anche valide che conducono a conseguenze atroci. Il patriottismo di cui si sentono investiti gli attentatori della rue Saint-Nicaise non è forse differente dalla percezione che di sé hanno gli assassini del Bataclan, scherani di una guerra per loro carica di senso. Resta l’inoppugnabile constatazione che se le vittime designate, si veda il caso di Napoleone, riescono magari a sfuggire in virtù dell’id quod accidit (un ritardo, lo scatto imprevedibile di un cocchiere alticcio), a restare stritolata è non di rado l’innocenza di creature pure come Pensel. Gallo accarezza questa figura, ne mostra la commovente umanità: le dona la gioia di vivere di bambina, gli occhioni sgranati su un mondo in cui ogni cosa è scrutata con lo stupore di una magica prima volta. Un’aspettativa al cospetto del vivere per cui anche la povertà più dura può essere addolcita dalla carezza di un genitore: “Mentre si avviano una breve carezza sfiora il volto delle due bambine. È un bel momento questo per Pensel. Il padre si è addolcito, dopo tanti strilli che emette durante il giorno là dentro, e ora è lieve quella sua mano, nera di carbone e polvere. Scompare, per un attimo, dagli occhi di Pensel e Manon, l’immagine della continua lotta della loro famiglia contro la miseria”. Eppure è proprio questa struggle for life che collocherà Pensel e la sorellina Manon sulla strada dei cospiratori della machine infernale. Significativo, a p. 151, il momento in cui Limolean posa lo sguardo sulle due bambine e sceglie Pensel come involontaria complice dell’atto in corso. Significativo anche perché quella piccola che il lettore ha imparato in qualche modo a conoscere, e per cui ha subito sviluppato un senso di tenerezza, gli o le viene ora mostrata, attraverso la prospettiva di Limolean, in un’ottica straniante. È in qualche modo spersonalizzata, diviene una figura ch’esce dalla folla e che come tale può essere anche designata a morte. È in fondo l’ottica di chi compie un attentato nel quale chiunque  potrebbe restare ucciso.

Uno dei punti di forza di Pensel, oltre alla vertigine temporale che coglie chi s’inoltra tra le pagine del romanzo, è l’adozione della focalizzazione interna variabile, con narrazione ora in terza ora in prima persona, sempre fondata sull’assunzione del punto di vista di uno dei personaggi. Ciò determina una sensazione di pluriprospettivismo, che restituisce la problematicità degli eventi storici (da Gallo ben rievocati) unitamente alla molteplicità delle implicazioni etiche e delle motivazioni alla base di momenti altamente tragici come quelli narrati dallo scrittore.

È un’architettura, quella di Pensel, in cui non mancano le simmetrie: basti pensare ai primi due capitoli e alle similarità costruttive che li caratterizzano. Il primo capitolo è dedicato agli eventi del Bataclan; siamo nella dimora solitaria di Jean Pierre, che vede irrompere nella notte Francesco. Quest’ultimo conduce con sé Pensel. Il capitolo si chiude con Jean Pierre che, sconvolto dalla presenza della ragazza, decide di ospitare i due per la notte. Il secondo capitolo ci mostra Limolean, l’unico dei tre esecutori materiali dei fatti di rue Saint-Nicaise a essere scampato all’esecuzione capitale. Egli si è rifugiato in un convento in America; qui è diventato fra Joseph. La visita di padre Benjamin il giorno di Natale induce il frate a rivelare il rovello che l’angoscia; così, in un’atmosfera allucinata, l’uomo indica all’attonito interlocutore un angolo in cui dice nascondersi l’ombra di Pensel, da cui si sente perseguitato. Evidenti sono le analogie: due uomini, carichi di un senso di colpa riveniente dal passato e confinati in ‘romitaggio’, secolare l’uno e conventuale l’altro, vedono riaffiorare lo spettro di Pensel. Ciò avviene con la mediazione di una figura maschile che nel primo caso introduce nel luogo-eremo una donna in carne e ossa, nel secondo fa riemergere un fantasma dagli anfratti della storia. Altri casi potremmo citare, ma riteniamo che questo sia senz’altro il più indicativo.

Un altro aspetto non secondario, in quest’opera che ha il pregio di uno stile curato e di una notevole varietà di registri, è l’emergere della figura di Manon, sorella di Pensel. Ella è rievocata e portata all’attenzione di Jean Pierre dalla Pensel contemporanea, che mostra al professore un documento a lei connesso; subito dopo, nel recupero del racconto storico, la vediamo comparire nel convento, al cospetto di Fra Joseph, intenzionata a vendicarsi. Sarà il rancore a prevalere? Il sangue chiamerà altro sangue? Certo, se spesso nella tragedia greca le colpe dei padri ricadono sui figli (si pensi ai Labdacidi o agli Atridi), in quest’opera, immersa in un’aura tragica, il messaggio che sembra emergere è che le nuove generazioni non debbano sentirsi macchiate e marchiate da colpe che non hanno commesso. Devono però, per riscattare il passato, agire nella direzione giusta e costituire una social catena, perché laddove ci furono violenza e sopraffazione possa spirare una consolatrice “giustizia riparativa”.

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