Il poema di gomma


Recensione ad A. De Luca, Il poema di gomma, Porto Seguro, Roma 2021, Euro 12,90.

È un canto dell’alienazione ma, paradossalmente, anche della speranza Il poema di gomma di Antonietta De Luca.

L’opera è tetrapartita e, a sua volta, ciascuno dei quattro poemetti che la compongono consta di due momenti in dialogo tra loro, caratterizzati da una declinazione al maschile e al femminile dei tipi psicologici presi in esame e identificati con un materiale o un tessuto.

Assistiamo, infatti, alla rappresentazione di uomini e donne di gomma, stoffa, asfalto e legno, ciascuno con proprie caratteristiche. De Luca ne delinea atteggiamenti e pose, ferite e resilienze, con un’attenzione al dettaglio che, di volta in volta, consente di accostare la particolarità dell’individuo all’astrazione del tipico.

Il frutto di quest’operazione è un canto interessante, tendente ora al minimalismo stilistico e alla restituzione di una realtà alienata ora all’innalzamento del tono, quando al convulso – per usare un’espressione montaliana – immoto andare dei personaggi si affianca l’esplorazione dell’interiorità e delle sue lacerazioni.

La voce di De Luca si leva con vigore, talvolta manifestando profonda pena per i guasti che un esistere schizofrenico determina nelle creature che la sua penna disegna, talora osservando con ironia e persino con sarcasmo il fantoccesco agitarsi di uomini e donne. Il lessico annovera anglicismi, termini legati a vari settori (dalla chirurgica liposuzione al lessico autostradale, dalle metafore tessili o zoomorfe – l’uomo d’asfalto “alligatore urbano” – al tedesco della filosofia heideggeriana – Dasein e Mitsein), espressioni del gergo e del colloquiale ed echi biblici. L’autrice ricerca la musicalità non solo attraverso rime – spesso interne –, assonanze, consonanze, bisticci ma soprattutto mediante la presenza di formule. Tale tendenza sembra alludere alla volontà di riecheggiare l’oralità della tradizione epica in chiave straniante, ma anche, a nostro avviso, a compattare l’unità di costruzione con l’ausilio di Leitmotive. Non si può escludere un’influenza della tradizione salmica né quella dei più volte citati mantra, elevati a strumenti per scongiurare il deragliamento dell’umano.

Ognuno dei protagonisti dei poemetti ha una sua storia né è sempre stato consacrato al materiale che gli viene accostato. Dietro la donna di stoffa e la sua bellezza sfidante si cela il dramma dell’escort, che De Luca rende ancora più evidente attraverso l’innesto di lacerti dialogici desunti dalla quotidianità. Dietro l’uomo d’asfalto, la sua insofferenza alle regole e la sua corsa insensata verso la morte, si nasconde una fame d’aria e di boschi che il mito della velocità a bruciare ogni esperienza non potrà soddisfare. Alla donna d’asfalto spettano il tempo della solitudine e l’inesausta ricerca d’un ubi consistam. Nell’uomo di gomma, nel suo duro attraversare la città “cercando tracce e briciole”, inciampando “nelle pause” e riprendendo il cammino pedalando “sulla roccia”, è vivo il desiderio di tornare ad abbarbicarsi al sogno e alle stelle. Di certo, la creatura che più ci colpisce e che meglio De Luca sembra aver pennellato è proprio la “donna di gomma”. È lei la vittima di secoli di modellamento dell’identità femminile per opera dell’immaginario di uomini, per i quali il passo che conduce dalla venerazione per la Grande Madre all’imputazione di ogni male a Eva e Pandora è stato decisamente breve. “Te l’ha versato lei nel calice, / il veleno gommo lento!”. È lei la desperate housewife rimasta impaniata nel pregiudizio che la famiglia sia l’unica realizzazione possibile per una donna. “Lunatica, / la donna di gomma si aggira per casa / a caccia di disordine e disordini, / di responsa-bi-li-tà, solo perché non poteva / stare sola, abitare sola, apparecchiare sola, / cercare, di tanto in tanto, la felicità”. È lei a rinunciare quotidianamente all’amore (“L’amore l’ha attraversata, ma a modo / solo suo, un silenzioso autismo mariano”) per adagiarsi nel ruolo di moglie e madre socialmente imposto e in fondo anche voluto, a prezzo di ogni sacrificio e della rinuncia a quello slancio siderale che congiungeva ai desideri. Creature a volte irritanti queste della De Luca, a volte commoventi; nei tratti di ciascuna di esse, sarà in parte possibile riconoscersi, a patto che da questa assunzione di consapevolezza derivi un anelito alla rinascita. A liberarsi dal guscio fibroso per essere “angelo a forma d’albero / e” “parlare con gli dei cercando di ingraziarseli”.

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