Ritorno a Blue River


Recensione a G. Caputo, Ritorno a Blue River, Officina Milena, Euro 7.

Ritorno a Blue River è il romanzo d’esordio, edito da Officina Milena, della scrittrice capuana Grazia Caputo, autrice che evidenzia sin dalle prime battute la capacità di avvincere il lettore e di calarlo pienamente nella realtà rappresentata.

Ispirata, come l’autrice stessa afferma, al genere degli slasher movies e al cinema horror, l’opera esordisce con un’atmosfera perturbante, che cita Scream e opta per un periodo d’ambientazione caro alla narrativa e alla filmografia del terrore, la festa di Halloween.

Protagonista delle vicende è la giovane, ma già affermata, scrittrice Grace Jones, nome che ammicca alla celebre cantante e attrice giamaicana, ma che, al contempo, rinvia all’autrice stessa. Quest’ultima, infatti, spiegherà nella postfazione di aver trasfigurato in chiave romanzesca memorie legate a dolorose esperienze di bullismo.

Di fatto, la Blue River che viene rappresentata, legata a una singolare leggenda, dalla quale emerge la necessità di rapportarsi ai fantasmi del passato per esorcizzarli e proseguire il cammino, si colloca in un non meglio definito contesto americano, ma potrebbe sorgere in qualsiasi luogo. L’atmosfera apparentemente sonnolenta, in realtà unheimlich, l’immagine dei giovinastri che scorrazzano in motorino dettando legge (così cara a Stephen King, ma frequente anche nella narrativa italiana), la logica del branco che trionfa e conduce alla tragedia, le amicizie che si sfaldano per il desiderio di fuga e si rinsaldano al momento opportuno… Sono molti gli ingredienti che concorrono a pennellare un’aura inquietante, in cui si inserisce la tragica notte che la protagonista e la sua ritrovata migliore amica dovranno trascorrere per sfuggire alla violenza omicida di una banda di coetanei. Quegli stessi coetanei che avevano reso difficile la loro adolescenza, vissuta a metà tra timore e desiderio non sempre represso.

Molti sono i nodi che emergono dal romanzo della Caputo. La difficoltà, soprattutto per le giovani donne dotate di sensibilità e volontà di emergere, di crescere in una provincia che non offre possibilità e inchioda a un vivere ripetitivo, in cui germoglia la gramigna di patologie dell’anima. Il mito del bad boy, legato all’immaginario adolescenziale e ipostasi della vena di crudeltà che caratterizza un’età così delicata del percorso umano. Tale mito prende corpo nella figura di Jack Rider, al quale la Caputo sin nel nome, fonicamente, ha voluto attribuire connotazioni di durezza. Jack rappresenta il fantasma erotico-respingente di un’adolescenza vissuta nel disadattamento; è il ragazzo crudele di cui Grace anela a risvegliare le corde della dolcezza, non del tutto assenti, ma annegate nel tripudio del machismo da branco. È senz’altro Jack il personaggio più ambiguo e meglio riuscito di questo Ritorno a Blue River; il lettore s’attende la sua redenzione, l’autrice gli regala scampoli di focalizzazione interna nel finale a illuminarne i moventi e a mostrarci come dietro un bad boy possa celarsi la totale o parziale incapacità di esprimere correttamente il linguaggio delle sensazioni e dei sentimenti.

Insomma, non spiace questo Ritorno a Blue River, agile, ben scritto e da leggersi tutto d’un fiato sino al sorprendente finale. In esso, Grazia Caputo lascia aperte le porte all’immaginazione del suo pubblico, che coglie come l’avventura del romanzo non sia conclusa, ma si rivela foriera delle ulteriori possibili declinazioni che la fantasia di ciascuno vorrà regalarle.

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