Leggendo La famiglia Aubrey


Recensione a R. West, LA FAMIGLIA AUBREY, traduzione di F. Frigerio, Roma, Fazi, 2018.
La famiglia di Piers e Clare Aubrey sembra irridere il conformismo londinese di fine Ottocento. La donna, pianista che non ha perseguito la carriera cui avrebbe potuto aspirare, appare piuttosto trasandata e, a tratti, sembrerebbe astratta rispetto ai pensieri e alle opinioni della gente comune; l’uomo, irlandese, giornalista fascinoso, è del tutto inaffidabile. La mania per il gioco lo induce a indebitarsi continuamente, sino a impegnare, senza dir nulla alla moglie, i mobili della zia Clara e ad allontanare, con il suo comportamento, tutti gli ammiratori del suo raffinato intelletto. La vita di questa famiglia è narrata, con sguardo lucido e umoristico, da una delle figlie, Rose, nel bellissimo romanzo di Rebecca West (titolo originale, The fountain overflows), recentemente ripubblicato dall’editore romano Fazi, nella traduzione di Francesca Frigerio.
Nell’opera è chiaramente ravvisabile una componente autobiografica; come si può leggere in West’s world di Lorna Gibb, il padre di Dame Rebecca West (o, se si preferisce, Cicely Isabel Fairfield, 1893-1982), Charles, giornalista, era davvero affetto da gambling mania e arrivò effettivamente a vendere persino “one of the last heirlooms, a family portrait”. Chi abbia già gustato La famiglia Aubrey non potrà non cogliere, seppure con declinazione diversa, una chiara allusione a tale vicenda familiare nel corpo dell’opera. Nonostante l’inaffidabilità dell’uomo, ricorda la Gibb, egli godeva di un undeniable charm, che, nonostante tutto, conferì al suo ricordo una patina di romanticismo (a kind of romantic veneer). Anche il personaggio di Clare sembra modellato sulla madre Isabella, scozzese, e tratti autobiografici, che rinviano alla sorella maggiore Letty, si possono ravvisare in Cordelia.
Al di là di tali osservazioni, sono molto interessanti le letture che dell’opera hanno dato Ann Norton e Cheryl A. Wilson. La prima ha parlato di “paradoxical feminism”, perché la West, pur evidenziando i limiti del patriarcalismo della cultura occidentale, tradisce una sorprendente fede in essa e soprattutto il desiderio del ripristino di un’effettiva “male dominance”, impossibile in virtù delle caratteristiche negative che connotano le figure dei padri: l’ondivago Piers, il cinico cugino Jock, lo svagato e insopportabile Mr. Phillips. Non è un caso che, dopo la fuga del padre, Rose sia colta da un desiderio lacerante di lui, di saperlo intento a leggere nel regno del suo studio.
La Wilson, invece, ha sondato il legame tra femminilità ed elemento performativo, che nell’opera è effettivamente un nodo fondamentale. Infatti, il critico cita la sequenza della festa in casa Phillips, con le esibizioni di tutte le ragazzine (nella danza, nella recitazione o nella musica) e Rose che rifiuta di suonare il piano e improvvisa un gioco di lettura del pensiero. La musica è l’elemento dominante nella Famiglia Aubrey, ma la West respinge l’idea dello strumento come traghettatore delle giovani verso il ruolo di aggraziate dispensatrici di svago signorile. Infatti, Cordelia, dal nome non casualmente shakespeariano, è l’unica figura in cui si esalti l’aspetto di performer, proprio perché priva di reale talento. Per gli altri personaggi, a cominciare da Clare, la musica ha un valore sacro. Lo studio che li indurrà a trascorrere ore per perfezionarsi nell’esecuzione di pezzi, che solo da adulti (in quanto musicisti di professione, non amatoriali) faranno ascoltare al mondo esterno, aiuterà quei fanciulli a superare le forche caudine di un’infanzia poverissima, eppure magica grazie alla musica (e direi alla madre, musica ella stessa).
Un romanzo di una forza notevole. Apre scenari di riflessione sul futuro dell’Europa (il pamphlet pessimistico di Piers) che, salutati come deliranti da Pennington, si riveleranno tragicamente profetici; offre le coordinate per la lettura di un’epoca, anche attraverso i suoi personaggi emblematici, quali il ladro e assassino Charles Peace o il giudice Justice Lopes. Pennella, con impagabile umorismo, personaggi che si imprimono nella memoria, come Clare, con i suoi sofismi geniali dall’apparenza di idiozia, descritti con impietosa pietas da Rose, che scruta il mondo dalle specole misteriose della musica e della letteratura. E non cede al garbuglio del dolore.

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