L’amore al fiume (e altri amori corti)


Recensione a E. Sinigaglia, L’amore al fiume (e altri amori corti), Wojtek Edizioni, Napoli 2023, Euro 16.

Con L’amore al fiume (e altri amori corti) Ezio Sinigaglia conferma le sue qualità di raffinato e coinvolgente narratore, in continuità con la vena umoristica che congiunge idealmente il dittico di Warum ma anche il recente Sillabario all’incontrario. In particolare le vicende assumono un’ambientazione analoga, pur nelle differenze del caso, a quella dei flashback di Fifty-Fifty. Sant’Aram nel regno di Marte, in cui emergeva l’esperienza dell’innamoramento tra il protagonista e il soldato Cioffi, detto Sciofí. Già allora, Sinigaglia aveva giocato con l’innesto della funzione Venere all’interno del “regno di Marte”, il periodo di servizio militare di Warum.

Nei racconti pubblicati da Wojtec seguiamo in sei capitoli le vicende di alcuni bersaglieri durante un campo estivo. Due dei ‘corti’, La pièce e Il ritratto, erano stati pubblicati, in forma spicciolata, su rivista («The Florentine Literary Review – flr» il primo; «Turche­se» il secondo). Abbiamo usato non a caso il termine ‘corti’, che nel libro assume vari significati. ‘Corti’ perché tali (ma non troppo) sono i racconti che vengono raccolti nel volume; a esser corti sono poi destinati presumibilmente – come evidenzia il titolo – anche gli amori narrati, probabilmente limitati al tempo di quel giugno di naja. Brevitas dal genere letterario, dunque, ma anche degli idillii stessi.

Colpisce il fatto che ciascuno dei capitoli sia poi organizzato in quelle che ci piace definire piccole ‘rapsodie’ numerate, ognuna delle quali si apre con un rapidissimo riassunto della situazione (quasi una sorta di fermo immagine). Questo ci appare un tributo di Sinigaglia all’oralità tanto dell’epos, quanto di quelle sue propaggini popolari che erano i cantari. L’artefice della performance aveva spesso la necessità di riassumere quanto accaduto immediatamente prima, anche per sopperire a eventuali distrazioni dell’uditorio. Non è un caso che delle esperienze affidate al canto orale persista un ulteriore elemento, la formularità. Basti pensare alle espressioni che accompagnano i riferimenti a Mao Zanella, spesso definito “incantevole” oppure “efficacissimo amante”. Il “fumo azzurrastro” è uno degli elementi che connotano le strategie del sergente Massei, prima per accostarsi al bell’Ulrich Berger e poi per stabilire le condizioni perché l’incontro avvenga senza fattori di disturbo legati ai regolamenti del campo. Tra l’altro è particolarmente raffinato il fatto che l’autore recuperi forme tipiche dei canti delle gesta eroiche applicandole a un contesto ch’è, sì, quello militare, ma in cui si narrano imprese più vicine semmai a quelle petroniane.

Il servizio militare assume (del resto come tale veniva classificato da Foucault) i tratti dell’eterotopia di crisi, in cui i consueti rapporti tra individui sono riproposti in un contesto che sospende le loro naturali declinazioni e magari inverte dinamiche abitualmente consolidate nella società. Ecco che il macho Giancrì può dunque concedersi un’eccezione alla sua virile regola di accoppiamenti e subire la fascinazione di Mao, personaggio che, nel nomignolo, pare umoristicamente alludere alla rivoluzione che provocherà nel campo militare. E, se per un attimo Giancrì è colto dal disorientamento di ipotizzarsi, inorridendo, froscio, arriverà, con pragmatismo di personaggio boccacciano ad accettare di abbracciare onorevolmente questo status, purché temporaneo (limitato ai giorni restanti di naja). Il servizio militare diviene così, per questi personaggi, il luogo dell’opportunità di sperimentare situazioni di cambiamento altrimenti impensabili. Una sorta di scenario in cui cedere al tempo cairologico e, quindi, all’Occasio. Anche il fiume si connota di significati altri: è il luogo dell’acqua che scorre, che non è mai uguale a sé stessa, che lava e purifica dal senso di peccato (ammesso che tale percezione sussista per i personaggi), che dissolve anche, all’occorrenza.

Sinigaglia rappresenta in questi corti una varia umanità, dando ai testi una dimensione fortemente teatrale, in cui il ricorso all’elemento dialogico è consistente. Lo scrittore, attraverso la mimesi del parlato dialettale dei personaggi (d’area padana, romanesca o ancora siciliana) o dell’italiano di fonetica teutonica di Ulderich, riesce a tradurre l’atmosfera babelica propria della leva. Il dialetto, d’altro canto, conferisce espressività e freschezza ai dialoghi, dà vita a simpatici equivoci (si veda la richiesta del siciliano Iannopulo di un vasu) e bene restituisce la dimensione emotivo-affettiva di situazioni e reazioni. La teatralità dell’impostazione emerge anche nella gestualità, fortemente marcata da Sinigaglia: un esempio è dato ancora una volta dal sergente Massei. Il “passo disarticolato e insieme elegante” è un indizio dell’indole del personaggio, dall’andatura che pare quasi svagata e rivela un che di dandy. Interessanti ancora i “piccoli gesti secchi e insieme graziosi”, forieri di un’impressione di rapidità e decisione e al contempo di una sinuosa fascinazione. Ben esplorata da Sinigaglia è anche la mimica facciale, soprattutto nel caso delle espressioni degli occhi, formularmente teneri e celesti, di Bernasconi: “nell’azzurro innocente degli occhi del bersagliere Bernasconi si è fatta ad un tratto una macchia blu scuro” (a indicare un momento di rabbia). Lo stesso discorso si potrebbe estendere alle voci (“la voce del ber­sagliere Bernasconi riprende a scoppiettare nell’oro della sera”), in una sorta di iperpotenziamento dell’elemento sensoriale in quest’atmosfera di giugno sensuale e sospesa.

Sinigaglia è anche molto attento alla costruzione architettonica dell’opera; v’è un personaggio, Maciste, che fa un po’ da anello di congiunzione tra il secondo, il quarto e il sesto corto. L’opera si apre all’insegna di un incontro fortemente passionale (quello tra Giancrì e Mao) e si chiude con il casto vasu tra Iannopulo e Guido Bernasconi. Si può dunque intravedere una sorta di passaggio dalla frenesia sensuale (reale e immaginata) dei primi due capitoli alla pudica intesa, non meno carica di attrazione, suscitata da un personaggio, Guido, connotato da tenerezza e angelicismo. Tutto ovviamente avviene all’insegna del sorriso in un’opera che diviene inno a una giovinezza vissuta senza tabù, nel tentativo di appagare il desiderio e abbracciare le attraenti forme, senza ripensamenti.

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