
Recensione ad AA.VV., SENZA TEMA! Poesie coraggiosamente atematiche –Antologia a cura di Pietro Pancamo–, Edizioni Simple, Macerata 2022.
È una proposta interessante quest’antologia SENZA TEMA! Poesie coraggiosamente atematiche, curata dal poeta e critico Pietro Pancamo, editor professionista. Il titolo allude alla volontà di respingere la moda delle antologie tematiche. Il volume raccoglie voci, tra cui anche il curatore stesso, molto diverse ma ben armonizzate, caratterizzate dalla meditazione esistenziale, non priva di ironia, e dalla tensione a una scrittura comunicativa, non oscura per il lettore. Ogni sezione, dedicata a un autore o a un’autrice, è introdotta da una nota critica di Pancamo.
Si apre con Kikai, “specializzata in montaggio video e regia” presso l’Accademia di Brera. La sua scrittura ha tratti di angelicismo (emblematica, in tal direzione La ballata dell’angelo) e si connota per un valido connubio tra slancio verticale e senso della materia. I legami della fisicità emergono con il loro corollario di odori e gravami, ma all’improvviso sulla caduta e sui pesi della “carne del mondo” prevale la capacità di proiettarsi “Oltre i cancelli del tempo”. “Dentro qualcosa che non so. / Più grande di me.” Dal punto di vista tecnico, Kikai tende al verso lungo; alcuni componimenti possono essere classificati quali prose liriche. Si avverte fortemente l’impronta delle culture orientali, ma non mancano rinvii alla letteratura europea; certi momenti, infatti, risuonano di echi rimbaudiani o baudelairiani. “I luoghi restano? / Santuari pietrificati, sembrano addormentati; / respirano […], come animali mansueti, che ci hanno amato.”
La seconda sezione è costituita dai testi di Angela Lombardozzi, “già membro fondatore del ‘Lyric Group Vuoto3’ e paroliere della cantante Consuelo Orsingher”. Emerge subito la tensione al volo in Ali, con il bell’incipit: “Ho una poesia sulla lingua / Il petto batte / Ma non trovo le ali”. Germogliano versi evocativi come questi della poesia già citata: “Folle! Folle è l’uomo che tesse / la sua più grande virtù / Un ponte di salvezza / Un filo instabile di luce e precipizio”. In Provaci la complessità dell’essere umano e la sua irriducibilità a un’immagine unitaria trova il suggello nell’invito a guardare nell’interiorità “tra lanterne e tane”. Emerge tra gli altri il motivo del filo, quel tanto di bellezza che resta nel diluvio e che ci aiuta a muoverci nel labirinto; Leitmotiv è ancora la luce, che può essere quella del sole, di una lanterna, di una lama o di un segnale salvifico che aiuti a superare i limiti.
Seguono le poesie di Tommaso Mendolesi, che “ha insegnato presso gli atenei di Limoges, Catania, Verona e Milano”. Rispetto alla riflessione sulla pandemia di Bambina e bolle di sapone, i suoi versi ci sembrano esprimersi in maniera più felice quando Meldolesi pennella paesaggi interiori (è il caso del bel Reggerà l’orizzonte il tuo fardello) o rivolge il suo sguardo a scenari in cui le nubi e la nebbia divengono numi tutelari di smorte solitudini che paiono inghiottite dalla Natura. Non è nemmeno un caso che il primo testo della sua sezione si apra con il riaffiorare “Dalla nebbia degli anni” di memorie col loro carico di nostalgia.
Molto interessante ci sembra l’esperienza di Pietro Pancamo. L’autore si esprime con perizia nel frammento (Aeroplano) ma anche in testi brevi dall’allure surreale come In incognito. Di quest’ultimo piace l’incipit (“Dormo in incognito / per non farmi riconoscere dagli incubi”), ma colpisce anche l’assimilazione degli incubi a talpe con “un paio d’occhi / larghi e fotofobici”, intente a scavare “nell’aria”. Ben riuscite ancora la gnome perplessa di Filosofia e l’ironia del poeta che contempla “l’interessante morte / antologica permanente / delle mie speranze / migliori” (Morte antologica permanente). Pancamo mostra di sapersi ben destreggiare anche con il verso lungo di testi come Verande d’azzurro di cui segnaliamo ancora una volta l’incipit e poi versi come “Canicola di gioia, tanfo d’allegria / negli sguardi ciclopici del solo occhio giornaliero” o “Tachicardia di vento nei vestiti: il vento, cuore del cielo…”
Chiude l’antologia Fabio Sebastiani, “attualmente conduttore di programmi web-radiofonici”. Torna nuovamente il motivo delle ali (TRA ALI DI FOLLA SENZ’ALI è il titolo del primo testo), ma piuttosto per negare le possibilità di volo dell’uomo. Bella l’immagine di quest’ultimo considerato quale “ostacolo / alla caduta provvidenziale”, pronto a negarsi “al perdono che l’universo gli offre.” Sostanzialmente quella di Sebastiani è una reazione al tempo dell’inautenticità, alle alchimie asfittiche ed escludenti del potere, nella ricerca di un nuovo umanesimo che ci salvi. Nascono così testi come il convincente Ci salverà il disumano “Quello che serra le labbra / in punta di parola / sputa il puro nulla negli occhi / e fino in fondo”. Eppure, se son venute meno le ali (il concetto torna in La terza guerra mondiale), forse le mani potranno fare le loro veci (Guardandoci le mani). E se anche non atterreranno mai nel loro covare sogni, saranno strumento del farsi della parola poetica. Il ribadire con forza il fare di quest’ultima “come il crogiuolo delle stelle / fa la notte” è un’ottima conclusione di sezione e di raccolta.
Se non salverà il Mondo (inutile illudersi di porgere salvezza a ciò che non ha alcun interesse né qualsivoglia tensione alla salvazione e corre inesorabilmente verso l’implodere nella propria nullità), la poesia aiuterà chi è in grado di accoglierla e percepirla a ritrovare una dimensione interiore e uno spazio di autenticità nella schizofrenia assoluta e nell’idiozia largamente prevalente che ci circondano.