Il Battista


Recensione ad A. Santoliquido, Il Battista The Baptist, presentazione di E. Catalano, traduzione di J.M. Wing, disegni di M. Damiani, Nemapress edizioni, Roma 2022, Euro 12.

È approdato alle stampe, a più di vent’anni dalla sua rappresentazione nel corso di una Cavalcata storica a Mesagne nell’Epifania 1999, il testo teatrale Il Battista di Anna Santoliquido.

La pubblicazione presenta l’introduzione di quello che, “su iniziativa meritoria della Pro Loco di Mesagne”, fu il promotore e regista dell’opera, il professor Ettore Catalano, allora docente presso l’Università di Bari e poi presso l’Università del Salento (protagonisti della messinscena furono Vito Signorile e Tina Tempesta). Nella Presentazione dell’opera, lo studioso e scrittore evidenzia come l’autrice, Anna Santoliquido, sia riuscita a “mescolare (…) la concentrata altezza della dizione poetica e la necessità della comunicazione teatrale”, costruendo “atmosfere di grande e lunare bellezza, alternate a squarci di solare evidenza”. Il volume, bilingue come spesso le pubblicazioni di Santoliquido, anglista, presenta la traduzione in lingua inglese di Janet Mary Wing ed è impreziosito dalla ruvida e stralunata bellezza dei disegni dell’artista Michele Damiani.

La sacra rappresentazione, per esigenze sceniche, è condensata in due atti in cui si staglia nitidamente la figura del profeta, il Battista, scolpita in punta di penna da Santoliquido. L’opera appare in linea con lo stile poetico della scrittrice, il cui dettato appare riconoscibile soprattutto nella bellezza dei corali. Nella voce “incrinata dal pianto” di Giovanni, la cui prima battuta è “Signore, io cerco la regola, l’armonia”, sembra di udire riecheggiare quella ch’è l’aspirazione di chiunque coltivi assiduamente la ricerca poetica.

La paratassi domina nettamente l’ordito della pièce, dando l’impressione di una parola che si distende nitidamente in canto, senza inutili orpelli. È come se la scrittrice volesse additarci la Poesia come limpida voce del Sacro, sempre più faticosamente strappata all’afasia cui rischia di condannarla un mondo in cui il Male metafisico parrebbe prevalere. È un po’ la parola di una moderna Sibilla; del resto, Santoliquido, in uno dei suoi testi più suggestivi, Incontri, scriveva: “è l’angelo a portarmi le parole / le lascia nei vasi rotti / il vento le disperde / ed è per questo che erro”. Non è infatti casuale che nelle prime due scene del Battista intervengano angeli a rassicurare il Battista, facendosi portatori di un’aura luminosa sfolgorante; non è nemmeno un caso che, in una sua raccolta, Anna Santoliquido si sia rappresentata come Profetesha, in un processo di rispecchiamento nella figura evangelica di cui porta il nome (Luca, 2,36-38).

L’autrice è molto attenta alle didascalie, in cui fornisce anche indicazioni circa l’illuminazione scenica; per esempio, la Scena seconda è connotata dai colori del tramonto e questo non stupisce perché prelude al culmine della missione del Battista prefiguratore del Messia, culmine che sarà accompagnato – nella scena successiva – dalla consapevolezza dal Profeta espressa in queste parole: “Io ho percorso la strada e mi ridurrò fino a scomparire”. Non meraviglia di conseguenza come l’apparizione del Cristo lungo le rive del fiume Giordano veda “La scena (…) illuminata a giorno”. Livida e tetra è l’atmosfera della fortezza di Macheronte, in cui si consuma l’ebbrezza dionisiaca della danza di Salomè, figura cui spetta un’unica battuta (la richiesta della testa del Battista) e che vive di fatto tutta nella “convulsione” di un ballo ben altro che salvifico e negli ammiccamenti di una sensualità ferina.

È nel Battista fortemente vivido il senso della Natura tipico della Santoliquido poeta, qualità che l’ha portata ad affrontare tematiche legate al lento martirio dell’oìkos in opere come l’ispirata Ofiura. La Natura è controcanto continuo dell’azione dell’uomo; reca in sé un senso di dolcezza, di purificazione, di bellezza. Il Coro, nell’inneggiare alla forza che genera il confidente abbandono a Dio, ricorre a immagini desunte dai cicli dell’agricoltura: “L’uva nasce dalla vite e la fede dall’intimo”. La disfatta della Giustizia nell’incarcerazione del Battista è espressa con l’icona del tuono che “ha bussato al cuore degli uomini”; il risultato è che la Natura contempla l’iniquità in un silenzio che sembra traboccare d’orrore: “L’alloro e la formica hanno udito. La luce lotta con le tenebre e il fuoco ormai divampa”. Eppure è la Natura a tributare il proprio omaggio al Profeta ridotto al silenzio: “Gli oceani, i fiumi e i corsi d’acqua intonano nenie al Battista”. Sono questi ultimi, ancor prima che il coro che pure riesce a riconoscere negli occhi di quella “testa mozza” il Paradiso, a ‘benedire per sempre’ “il fiore del deserto” e a cullarne il sonno.

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