Vi dichiaro marito e morte


Recensione a S. Consorti, Vi dichiaro marito e morte, Ensemble, Roma 2020, Euro

Si dispiega tra ironia corrosiva e tenerezza l’interessante raccolta di racconti Vi dichiaro marito e morte di Simone Consorti, edita da Ensemble.

Dieci storie di varia lunghezza, in cui prevale la scelta della narrazione interna affidata al protagonista, con il ricorso all’io narrante a conferire una sorta di patente di ideale credibilità anche a storie surreali, come accade nella ‘staffetta cardiaca’ di Portare il cuore di un santo. Non mancano tuttavia scelte differenti, come nel bel racconto Il tuo modo di dirlo al mondo, in cui la voce narrante dialoga con la protagonista, tracciando una sorta di diario delle sue emozioni, nel silenzioso e coinvolgente fiorire di un amore saffico, tra turbamenti e timori. In altre circostanze si preferisce il ricorso al narratore esterno (Al mio paese le donne non parlano) o al pluriprospettivismo di una focalizzazione interna variabile (l’alternanza del Lui e della Lei, Nicholas ed Emily, di Nozze di plastica). Di certo, Consorti mostra di compiere scelte tecniche meditate, conferendo a ciascuna delle vicende una particolare intonazione e un peculiare timbro. Il fatto, inoltre, che alcuni dei narratori appaiano inattendibili e il loro agire sia non di rado screditato permette all’autore di mantenere quell’atmosfera straniante e quella tensione al paradosso che costituiscono la cifra del suo lavoro. Nella struttura non fanno difetto, inoltre, le simmetrie, come accade in Il tuo modo di dirlo al mondo in cui due ‘servizi’ fotografici, uno in apertura e uno in chiusura della novella, sono coronati da un bacio; a situazioni analoghe (in cui qualche dettaglio non irrilevante varia) corrispondono differenti reazioni da parte della protagonista.

Quello che ci sembra emergere su tutto è una vocazione schiettamente narrativa, il piacere di raccontare e, raccontando, intrattenere in maniera arguta il lettore. Consorti ha peraltro il gusto dell’aprosdòketon: la sezione conclusiva di buona parte dei testi è suggellata da una conclusione a sorpresa (si pensi alla chiusa di Tutto tranne fascista), come la coda velenosa o spiritosa di un epigramma. In altre circostanze, il racconto si chiude in un’aura di sospensione che lascia libero spazio alle fantasticherie del pubblico.

Nonostante non vi sia il preciso intento di insegnare qualcosa, l’opera di Consorti finisce con il far scaturire la riflessione. Emblematica è la prima novella, in cui il cuore di un santo passa di trapianto in trapianto, senza che i suoi ‘fruitori’ risentano dei benèfici influssi dello stesso. Essi, infatti, si daranno all’omicidio seriale di animali ed esseri viventi, in un crescendo di cecità morale cui fa da contraltare quella concreta, fisica del personaggio femminile più significativo. La novella ironizza inoltre in maniera corrosiva sul deprecabile intreccio di politica e religione e sulle venature populiste di una società sempre più sorda a ogni forma di pietas. In un’atmosfera leggera e dissacrante, il lettore è indotto a chiedersi se, come l’abito non fa il monaco, valga la regola che non sia il cuore a fare il santo o se magari anche quell’evidenza di santità non celasse qualche lato oscuro. In fin dei conti, l’unico proprietario del cuore a non essere sondato attraverso la focalizzazione interna resta proprio il venerabile Don Giusto.

L’uso strumentale della religio nelle componenti di fanatismo e nel suo potenziale di manipolazione della psiche ritorna ancora in Il prescelto. Il senso di onnipotenza di un santone lo porta a orchestrare, in una spettacolarizzazione della Morte, il suicidio di massa dei suoi seguaci e a voler decidere egli stesso quali vite, tra le loro, debbano essere risparmiate. Alle pulsioni distruttive di questa vicenda potremmo accostare, per contrasto, l’istinto di conservazione del padre di Federica nel secondo racconto. Dopo aver sentito l’uomo asserire, durante una veglia di preghiera per la figlia adolescente, che avrebbe seguito la ragazza dovunque fosse andata (una dichiarazione di intenti suicidi, pertanto), l’io narrante si stupirà nel vederlo, giorno dopo giorno e, in seguito, anno dopo anno, perpetrare quella vita amara, con un attaccamento all’esistenza che in fondo non dovrebbe stupire più di tanto. Non è, infatti, ingiusto voler perpetrare l’esistenza anche dopo la perdita degli affetti più sacri… Il motivo della paternità ritorna ancora in altre due novelle: nel Proiettile d’argento, un uomo denuncia gli abusi che crede subiti dal figlio e quella sua azione, giustissima dal suo punto di vista, si ritorce sul microcosmo dei personaggi come una pallottola non letale, ma capace di ferire alla cieca; in I papà di Anna, il legame intenso, delicato, che vige tra il narratore interno e la figlia della scombinata Fiammetta rende manifesto quanto l’essere padre sia qualcosa di ben differente da una mera questione di biologia… Argutissimo è poi il racconto Tutto tranne fascista, che ironizza su quanto sia facile, al giorno d’oggi, conferire la patente di ‘fascismo’ a vari comportamenti. Etichetta che viene agitata, a prescindere da una reale conoscenza di cosa realmente il fascismo abbia determinato, anche da parte di soggetti che non mancano, a loro volta, di porre in essere, d’istinto, azioni fascisteggianti.

L’opera si connota per l’efficacia di uno stile sorvegliato, sempre aderente alla materia, alle circostanze e allo status dei personaggi; uno stile che varia dal colloquiale al turpiloquio, dall’impetuoso monologare a un descrittivismo che talvolta rasenta il lirico. Vi dichiaro marito e morte è insomma una fiera del paradosso, che scardina il comune sentire, mostra la becera insensatezza del pensiero dell’uomo medio e riflette, senza pretese di seriosità, su tematiche tutt’altro che futili.

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